Resta pervicacemente favorevole alle elezioni il senatore 5S Gianluigi Paragone. E se dovesse scegliere un partner di governo tornerebbe a cercare “uno spiraglio con la Lega, partito che, come il Movimento, si è battuto contro il sistema liberista e finanziario che taglia fuori l’economia reale, le famiglie, le piccole imprese”. E anche contro le banche e a fianco dei risparmiatori truffati dalle medesime dice in un’intervista al Corriere della Sera nell’edizione in edicola.
E perciò resta anche molto diffidente, il senatore Paragone, sull’andamento e gli esiti della trattativa 5Stelle-Pd, fino ad esplicitare una propria netta riserva anche sul proprio futuro: “Se si fa una maggioranza col Pd nessuno può contare più sulla mia disponibilità. È evidente che non potrei accettare di essere votato dalla Boschi. Anzi il fatto che il Pd voglia mettere la Boschi nella commissione (di inchiesta sulle banche, ndr) è la prova che quel partito non è cambiato”. Quello delle banche e della Commissione d’inchiesta resta un nodo dirimente per Paragone.
Il quale resta molto scettico sul Pd nel suo complesso e sulla sua natura. Intanto perché l’audio con il quale Renzi accusa Gentiloni di aver voluto sabotare la trattativa con i 5Stelle in primis “conferma uno scollamento nel Pd che fa pensare che questo partito non resterà a lungo unito”, e in seconda battuta che un governo giallorosso “rischia di essere un’operazione finalizzata al ripesarsi nel Pd e al suo risistemarsi nel sistema di potere prima di una tornata di nomine decisive: dalle aziende pubbliche fino al presidente della Repubblica”. Operazione che Paragone non si sente di avallare.
Così come un eventuale accordo di governo dovrebbe avere almeno il placet degli iscritti, lo abbiamo fatto con la Lega, giusto farlo anche con il Pd” perché di fato se fosse chiamato a farlo, lui stesso se dovesse spiegare a un attivista 5Stelle l’accordo con il Pd “non saprei farlo” dice, ciò che personalmente gli imporrebbe di “guardarmi allo specchio e prendere le mie decisioni” che sono quelle, semmai, di ritornare “a fare il giornalista”.
Però al momento nulla è scontato, quindi meglio aspettare “il secondo giro di consultazioni” al Quirinale.
di Alberto Ferrigolo -Agi