Formalmente il no di Nicola Zingaretti ad un Conte bis resta, ma non si tratterebbe più di una posizione granitica. Quel no potrebbe trasformarsi in un sì se arrivassero dei segnali di discontinuità dal Movimento 5 stelle sulla composizione del governo. Ovvero se M5s cambiasse alcuni ‘interpreti’ che hanno governato con la Lega cadrebbe il veto.
La trattativa tra Pd e M5s va avanti. Domenica potrebbe aver segnato il punto della svolta. Potrebbe quindi ‘rovesciarsi’ in qualche modo il quadro: ovvero Conte sempre a palazzo Chigi ma con un passo indietro di alcuni esponenti – fonti parlamentari del Pd non escludono che lo stesso Di Maio potrebbe essere a ‘rischio’ nelle vesti di vicepremier – che hanno fatto parte dell’esecutivo giallo-verde.
Di Maio ha smentito tramite il proprio staff un’offerta fatta pervenire a Zingaretti di una sorta di ‘monocolore’ Pd con Conte alla guida. Ma sul tavolo ci sarebbe un confronto aperto proprio su questo scenario.
Figure di rilievo vicine al Pd andrebbero a occupare caselle chiave: ai dem potrebbe toccare Esteri (favorito Gentiloni), Mef (ipotesi Padoan, ma non si esclude del tutto la permanenza di Tria), Interni (difficile Gabrielli, nella rosa anche Minniti) e forse Difesa (si fa il nome di Rosato).
La Difesa però potrebbe rimanere a M5s con Trenta, mentre non è ancora chiaro a chi toccherebbe la casella dellaGiustizia.
Agli atti comunque restano le parole di Zingaretti: “L’Italia non capirebbe un rimpastone, il mandato della segreteria è per un governo di discontinuità e discontinuità è anche cambio di persone”. Ed ancora: “Non crediamo nella formula del contratto, bisogna costruire un programma utile. Incontriamoci da domani e parliamo sui contenuti, senza veti e ultimatum”.
La risposta del Movimento 5 stelle però non si è fatta attendere: “La soluzione è Conte, il taglio dei parlamentari e la convergenza sugli altri 9 punti posti dal vicepremier Luigi Di Maio. Non si può aspettare altro tempo su delle cose semplicemente di buon senso. E’ assurdo. L’Italia non può aspettare il Pd”.
In ogni caso sia il Pd che il Movimento 5 stelle stanno lavorando sui punti per un programma di fine legislatura. Sugli eventuali nomi di governo non c’è ancora alcuna schiarita. Per il Pd si fanno i nomi di De Micheli, Gentiloni, Martina, Chiamparino, Bressa e Ascani, tra i pentastellati quello di Fantinati, per quanto riguarda Leu il nome di Muroni.
Ma si tratta di schemi che non trovano alcuna conferma, anche perché la partita per ora è sul ruolo del presidente del Consiglio. Intanto la Lega resta alla finestra e ‘spera’ ancora in Di Maio. Nei giorni scorsi ci sarebbero stati contatti tra il responsabile del Viminale e il vicepremier M5s. Gli ‘ex lumbard’ sostengono che Di Maio per rimanere capo politicodel Movimento e magari diventare anche presidente del Consiglio non può che tornare ad un asse con la Lega. “A maggior ragione se dovesse cadere il veto di Zingaretti su Conte”, osserva un ‘big’ del partito di via Bellerio.
La Lega insomma ‘spinge’ Di Maio a rigettare la prospettiva di un esecutivo giallo-rosso, anche perché – osserva la stessa fonte – “secondo i sondaggi che abbiamo M5s con un’alleanza con i dem sarebbe destinata a scomparire. Per loro un ritorno con la Lega sarebbe il male minore”. La partita in corso però è tra Pd e M5s. Con Beppe Grillo che anche è tornato a farsi sentire per perorare la causa di un ‘ritorno’ di Conte a palazzo Chigi.
di Giovanni Lamberti – Agi