CALTANISSETTA – Non si sono mai conosciuti, o forse probabilmente si sono incrociati tra le navate della Cattedrale, la casa di tutti i nisseni che hanno una fede, ma sono morti a poche ore di distanza, in quella Cattedrale si celebrano i loro funerali, e per me rappresentano due volti diversi della nostra storia cittadina e delle ragioni del suo valore: Rosalia Stella, la prima donna avvocata nel foro nisseno, e Domenico Gioia, l’ultimo minatore sopravvissuto alla fine della civiltà dello zolfo.
Caltanissetta ha vissuto i secoli della sua storia migliore quando queste due componenti della sua società, il popolo lavoratore e gli intellettuali, hanno saputo esprimere una presenza significativa ed una soggettività sociale e politica.
Rosalia Stella è stata una presenza preziosa nel mondo cattolico e nella società nissena: riservata quanto tenace e determinata, prima donna della città ad indossare la toga forense, professione onorata con raffinata preparazione giuridica ed un tratto umano sensibile e gentile, un esempio brillante di quello stile “understatement” simbolo di una aristocrazia del pensiero, tanto poco di moda in questi nostri anni chiassosi e inconcludenti.
Impegnata nella FUCI guidata da don Felice Dierna insieme ai giovani intellettuali più significativi del mondo cattolico degli anni ’60 (Sergio Mangiavillano, Filippo Bennardo, Diego Argento), aveva con loro animato il Gruppo Ricerca ’80, che si era impegnato nell’elaborazione di un’analisi della nostra società e di progetti di sviluppo economico e sociale, in autonomia rispetto ai partiti politici e forse per questo troppo anticipatori rispetto al mondo della Prima Repubblica, ormai al suo tramonto ma ancora capace di soffocare le energie e le intelligenze non allineate con i gruppi di potere.
Aveva trovato nella sua professione uno spazio importante per la sua realizzazione di donna e di credente, sostenendo con la sua competenza giuridica anche le iniziative più innovative del mondo ecclesiale al quale era rimasta sempre tenacemente e proficuamente legata: componente del primo Consiglio Pastorale Diocesano, presidente del CIF (Centro Italiano Femminile) dal 1973 al 1993, impegnata nel Comitato promotore del Convegno “Evangelizzazione e promozione umana” nel 1976, promotrice (insieme all’avv. Bennardo) del primo Consultorio Familiare Cattolico, offerto nel 1977 al Vescovo Mons. Garsia come omaggio per il 25° di sacerdozio (prima ancora dell’istituzione dei consultori pubblici) e nel 1979 in collaborazione con la Caritas diocesana fondatrice del Centro di Fraternità “Rosa Stella” per l’assistenza e la socializzazione delle donne anziane.
Una donna per le donne ed i loro diritti, i loro talenti, il loro valore, senza rivendicazioni ma con la forza di una presenza reale, autorevole, che non aveva bisogno di alzare la voce per farsi ascoltare.
Domenico Gioia, l’ultimo zolfataio, impegnato sin da ragazzo nel sindacato di sinistra, la CGIL, e dirigente del PCI cittadino, nella mitica sezione “Gramsci” luogo di formazione della classe operaia nissena, conquistato all’impegno politico dalla stagione di lotte epiche dei minatori siciliani negli anni ’50 per conquistare dignità e diritti, per riscattarsi da uno sfruttamento disumano, per vivere da cittadini a pieno titolo, così come era scritto nel primo articolo della Costituzione che aveva chiuso la stagione della dittatura e della società dei privilegi in cui i ragazzi della sua generazione erano nati e cresciuti.
Domenico, Mimì per i compagni e gli amici, aveva sempre partecipato con impegno, ma sempre con umiltà, senza atteggiarsi, anche quando per un minatore schierarsi e lottare significava rischiare il licenziamento e la rappresaglia dei padroni. Aveva un sorriso ironico che comunicava la sua disarmante autenticità, il suo saper misurare persone e situazioni lucidamente, valutando senza giudicare, ma avendo sempre ben chiaro da che parte stare e da chi stare lontano.
Voleva conoscere Mimì, la politica e le possibili soluzioni dei problemi, voleva comprendere come si può portare avanti la società tutti insieme, guidati da un pensiero condiviso e da un interesse comune. La sua generazione ha testimoniato che la politica può sostenere la fatica quotidiana con la forza di una fede, con onestà intellettuale e semplicità, discutendo, ragionando insieme, senza scoraggiarsi di fronte alle sconfitte, credendoci fino in fondo.
Non si sono mai conosciuti, Rosalia Stella e Domenico Gioia, la prima avvocata e l’ultimo minatore di Caltanissetta, ma si sono riconosciuti, ognuno sul suo percorso, e hanno fatto camminare la nostra città e la sua storia democratica con le coordinate robuste di un popolo lavoratore e di una classe dirigente che sapeva vivere la reciprocità di queste due funzioni, con la ricchezza delle differenze e la forza dei valori in cui hanno creduto. Per questo per me, nella mente, nel cuore e da oggi nella memoria, camminano ancora insieme per le strade della nostra città e insieme sono la testimonianza di una società in cui il popolo lavoratore ha saputo essere classe dirigente, e viceversa.