CALTANISSETTA – “Ho visto per la prima volta il giudice Paolo Borsellino il primo luglio del 92. Doveva essere un incontro in gran segreto. Dopo la morte di Falcone, desideravo parlare solo con lui. Ci conoscevamo dal 1975. Durante il nostro colloquio, ricevette una telefonata. Doveva incontrare il ministro dell’Interno, Nicola Mancino. Quando rientro’ mi sembro’ molto preoccupato, tant’e’ che aveva due sigarette in mano”. Lo ha detto il pentito Gaspare Mutolo, nell’ambito del processo che si celebra a Caltanissetta nei confronti del superlatitante Matteo Messina Denaro accusato dalla procura nissena di essere uno dei mandanti della stragi di Capaci e di via D’Amelio. “A Borsellino – ha detto il collaboratore rispondendo alle domande del Pm Gabriele Paci – ho fatto diversi nomi e fra questi quello di Contrada, uomo che avevo indicato come personaggio fra i piu’ pericolosi e importanti di Palermo e che da un certo periodo aveva contatti con i mafiosi”. Borsellino al Viminale incontro’ proprio l’ex funzionario del Sisde, il quale, sapendo della collaborazione di Mutolo, si sarebbe messo a disposizione in caso di bisogno. “Borsellino pensava che nessuno sapesse dell’incontro con me – ha spiegato Mutolo – e invece la mia collaborazione, sembrava essere diventata il segreto di Pulcinella. Tutti sapevano di quell’incontro. Con Borsellino abbiamo verbalizzato la storia della mafia per iniziare a fare i primi arresti ma c’erano altre cose delicate che in quel momento non gli riferi’ perche’ altrimenti saltava tutto in aria”. Mutolo ha anche detto che quando inizio’ a parlare con Borsellino, era imputato al maxiprocesso. “Quando doveva uscire la sentenza, tutti sapevano che sarebbe finita male. L’ultimo tentativo che avevano fatto i mafiosi, era stato l’omicidio del giudice Antonino Scopelliti. Era impegnato in Cassazione per il maxi processo. In carcere erano preoccupati perche’ avevano tolto Carnevale. Dopo la sentenza la reazione della mafia doveva essere quella di rompere le corna a tutti”. L’ex affiliato, pentito dal 1991, rispondendo ad una domanda del Pm Gabriele Paci sulla cosiddetta dissociazione, ha riferito che “i mafiosi avevano compreso che se avessero detto di non appartenere a Cosa nostra, ne avrebbero tratto dei benefici. Questa cosa fece arrabbiare molto Borsellino”.