MILANO – Ha un movente passionale il delitto del 42enne pregiudicato albanese Astrit Lamaj, i cui resti erano stati trovati il 15 gennaio scorso murato nella dépendance di “Villa degli occhi” a Senago, in provincia di Milano. Ne è convinta il procuratore di Monza, Luisa Zanetti, che ha coordinato i carabinieri di Monza e Caltanissetta che hanno svolto le indagini, partite dal racconto di un dichiarante (non ancora riconosciuto come collaboratore di giustizia) fatte all’inizio dell’ottobre dell’anno scorso a un magistrato della Dda di Caltanissetta. Il mandante dell’omicidio, sarebbe infatti una 64enne siciliana incensurata che nel 2013 (anno dell’omicidio) era titolare di un “Compro oro” a Genova, città dove risiede da una trentina di anni: avrebbe agito per vendicarsi di Lamaj che aveva troncato la loro relazione circa un anno prima e che le avrebbe anche rubato dei preziosi che la donna commerciava. Nei confronti della donna, mercoledì scorso, i carabinieri hanno eseguito un provvedimento di fermo nei pressi dell’aeroporto del capoluogo ligure dove si stava dirigendo per imbarcarsi su un volo per il Brasile. Contestualmente, i militari hanno eseguito il medesimo provvedimento nei confronti di sei pregiudicati con l’ipotesi di omicidio premeditato aggravato e, tranne uno, di distruzione e soppressione di cadavere. Per l’accusa, sarebbero gli esecutori materiali dell’omicidio e sono, come la mandante, tutti originari di Riesi (comune a 20 km a Sud di Caltanissetta) e ritenuti, a vario titolo, contigui al clan da anni al centro di una violentissimo scontro tra appartenenti a Cosa nostra e alla Stidda. Sono stati bloccati (tre di loro hanno precedenti anche per associazione a delinquere di stampo mafioso) a Muggiò (Monza) e nelle provincie di Caltanissetta e Enna. Sempre secondo quanto riferito, il dichiarante aveva spiegato di aver partecipato all’omicidio di Lamaj, che era stato barbaramente assassinato il 15 gennaio 2013 in un box di Muggiò (Monza), dove la vittima, residente a Genova, era stato attirato dagli uomini indagati con la scusa di discutere l’acquisto di una partita di stupefacenti. Una volta dentro, sempre secondo quanto riferito dal dichiarante, il 42enne era stato immobilizzato, ripetutamente colpito alla testa e poi strangolato con un filo di nylon. Nello stesso giorno, il cadavere era stato spostato due volte su due auto diverse, fino ad essere trasportato nella prestigiosa villa di Senago: alcuni dei fermati infatti, ci avevano lavorato tempo prima come manovali per una ristrutturazione e avevano ancora le chiavi. Nel corso della notte avevano demolito (e subito dopo ricostruito) parte di un muro in un appartamento nella dépendance, avevano calato il cadavere in un profondo pozzo artesiano di cui conoscevano l’esistenza e poi lo avevano ricoperto di macerie.