CALTANISSETTA – Il Pronto Soccorso del Sant’Elia, adeguatamente ristrutturato per accogliere il maggior numero di pazienti in attesa di un primo consulto, continua a essere considerato come un reparto di generica degenza a medio e (indefinito) termine.
A denunciare, ancora una volta, questo stato di sovraffollamento è la figlia di una donna che la settimana scorsa si è presentata al Pronto Soccorso con un forte malessere.
“All’accettazione hanno assegnato a mia madre un codice giallo ma ha dovuto attendere diverse ore prima del primo consulto. È stata fatta sedere su una sedia, unico appoggio disponibile in quel momento nel reparto” ha raccontato una donna alla nostra redazione. Uno stato di disagio che è proseguito anche nella giornata seguente dopo essere stata trasportata all’ospedale di San Cataldo per effettuare dei controlli. Soltanto la sera del secondo giorno, stanca e dolorante, è riuscita a “conquistare” una barella.
“La degenza al piano terra del Sant’Elia si è conclusa soltanto dopo circa 5 giorni quando è stata ufficialmente ricoverata al reparto di competenza” ha continuato la figlia della paziente.
Quella vissuta è stata un’esperienza considerata come “disumana” anche perché il reparto, essendo predisposto soltanto per passaggi brevi e temporanei, non dispone nemmeno di cuscini o coperte per agevolare il riposo. Uno stato di disagio che nessun ospedale, luogo creato per <<prendersi cura delle persone>> dovrebbe perseguire o tollerare. La prassi prevede che i pazienti, dopo essere entrati al pronto soccorso, rimangano soli ma l’assenza di un assistente è ritenuta “impensabile”. Chi entra, a supporto del paziente, però, non ha nemmeno un punto di appoggio anche solo come base per la borsa o il cappotto.
“Analisi, trasfusioni, primi interventi ma nessuna privacy o servizi necessari considerati indispensabili. Una persona, soprattutto se anziana, non può trascorrere una notte e un giorno intero in una sedia soprattutto se debilitata a causa di una certificata emorragia. Ho dovuto assisterla costantemente per evitare che, addormentandosi, scivolasse giù peggiorando ulteriormente la sua condizione di salute”.
La donna ha voluto sottolineare che quella vissuta non è una colpa da attribuire ai medici o agli infermieri ma di un sistema che non funziona bene. Tutto il personale addetto al reparto, diventa inevitabilmente un facile bersaglio di proteste e lamentele. Quello che si respira è un clima di forte tensione e caos accentuato da interminabili attese che esasperano un temperamento già provato dallo stato di malessere.
Un crescendo di tensione che accende i toni e crea dispute, o peggio litigi, tra pazienti, infermieri, medici e personale sanitario.