FOCUS Imprese, Cribis: raddoppiate in 8 anni quelle che pagano in ritardo 

Negli ultimi otto anni, dal quarto trimestre 2010 al quarto trimestre 2018, sono raddoppiate le aziende italiane che pagano clienti e fornitori con più di 30 giorni di ritardo. La loro precentuale sul totale è salita dal 5,5% all’11,4%, dato che si posiziona al di sotto del picco del 15,7% raggiunto nel 2013 e 2014, pur evidenziando un progresso del 108%. È quanto emerge dallo ‘Studio Pagamenti 2018’ di Cribis. Tra ottobre e dicembre del 2018, in particolare, i pagamenti con ritardi superiori al mese sono aumentati del 9% rispetto allo stesso periodo del 2017, mentre quelli con una dilazione inclusa nei 30 giorni sono cresciuti dell’1,7%. Nell’arco dell’anno, invece, sono diminuite del 4,9% le aziende che adempiono puntualmente ai propri impegni pecuniari. Dal punto di vista territoriale, il 44,1% delle aziende che mantiene i propri impegni entro i termini previsti si trova nel Nord-Est e il 41,3% nel Nord-Ovest, mentre maggiori difficoltà incontrano le aziende del Sud e delle Isole, dove il 19,1% esegue i pagamenti con più di 30 giorni di ritardo) e del Centro (13,1%). In Lombardia ed Emilia-Romagna (45,2% ciascuna) ci sono le aziende più puntuali, mentre in Sicilia (22,1%) e Calabria (21,2%) quelle che dilazionano le scadenze oltre i 30 giorni.”Di fronte a un simile scenario generale che vede aumentare i gravi ritardi nei pagamenti, è necessario che le aziende selezionino con sempre maggiore cura e prudenza i loro interlocutori, dotandosi di strumenti di monitoraggio e analisi dell’affidabilità economico-commerciale di partner e fornitori”, sottolinea Massimiliano Solari, direttore generale della società del gruppo Crif specializzata nella business information. Sempre con riferimento agli ultimi tre mesi dell’anno appena trascorso, si rileva come la situazione più critica sia quella del commercio al dettaglio, dove l’incidenza delle imprese con gravi ritardi nei pagamenti tocca il 17,3%, ma il fenomeno è molto diffuso anche nei settori rurale, caccia e pesca (12,1%), dei servizi (10,1%) e minerario (10%). I comparti dove il problema è meno diffuso sono invece il manifatturiero (8,1%), il finanziario (8,7%) e il commercio all’ingrosso.

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