CALTANISSETTA – Si presenterà a Caltanissetta Venerdì 14 Dicembre alle ore 18,30 nella Sala degli Oratori di Palazzo Moncada il libro edito dalla Sellerio, “Oralità dell’immagine” di Rosario Perricone, docente di Antropologia culturale e Museologia nell’Accademia delle Belle Arti di Palermo, presidente dell’Associazione per la conservazione delle tradizioni popolari e direttore del Museo internazionale delle marionette «Antonio Pasqualino» di Palermo, che sarà presente all’incontro, organizzato nell’ambito della sezione “Alta Marea”della stagione del Teatro Comunale Regina Margherita diretta da Aldo Rapè.
Dopo i saluti dell’assessore alla cultura del Comune di Caltanissetta Pasquale Tornatore, interverranno per trattare l’argomento del libro Aurelia Speziale, docente di storia dell’arte del Liceo Classico Ruggero Settimo di Caltanissetta e Emanuela Pulvirenti, architetto ed esperta di didattica dell’arte.
Paradossalmente oggi, nella nostra società così impregnata di immagini, l’oralità è ritornata ad assumere un ruolo centrale proprio per la produzione e la comprensione del codice visivo. Questa “oralità dell’immagine” è connaturata nei nostri comportamenti quotidiani e per questo motivo risulta difficile individuarla e analizzarla.
In questa opera Rosario Perricone propone un profondo rinnovamento, tanto dell’«oggetto» fotografia quanto dello sguardo antropologico su di essa. Un volume ricco di fotografie ricavate da collezioni appartenenti a famiglie rurali siciliane; realizzate tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento ritraggono individui, gruppi o momenti cerimoniali e rispecchiano la «concezione del mondo e della vita» propria di quella società contadina. Ci si rivolgeva al fotografo per certificare i momenti fondamentali della vita, dalla nascita alla morte, affidandogli il compito di suggellare la gioia degli eventi lieti o di colmare lo strazio della lontananza e della separazione. Molte fotografie ritraggono gruppi parentali, destinati a divenire «insegne» di una identità familiare radicata nella continuità dei legami, travalicanti perfino i limiti della lontananza (parenti emigrati o impegnati nel servizio militare) e dell’assenza (parenti defunti, ovvero «antenati»). Se queste immagini rimandano a vicende che appartengono ormai al passato, ogni nuova visione operata dai possessori innesca sempre processi rammemorativi di varia estensione e qualità. È grazie alla narrazione di questi ricordi, integrati ad altre fonti documentali (sia scritte che orali), che questo corpus di immagini può essere valutato secondo una moderna prospettiva storico-antropologica.
È nella loro «storia di vita», nel loro passare da una generazione all’altra, da un certo tipo di rappresentazione di relazioni a un altro, che queste fotografie rivelano in pieno il loro essere un particolare tipo di «oggetto biografico» capace di sollecitare narrazioni attraverso il ricordo dei suoi possessori. Trascorsi gli uomini che ritraggono, le fotografie continuano a rievocarne le storie: l’inevitabile scolorire delle immagini si stempera allora nella vitalità delle voci che ne ripercorrono le vicende.