PALERMO – E’ certo il ruolo che il SISDE ebbe nell’immediata manomissione del luogo dell’esplosione e nell’altrettanto immediata incursione nelle indagini della Procura di Caltanissetta, procurando le prime note investigative che contribuiranno a orientare le ricerche della verita’ in una direzione sbagliata. E’ certa la consapevolezza (ma anche l’inerzia) che si ebbe nell’intera procura di Caltanissetta (il procuratore capo, il suo aggiunto, i suoi sostituti) sull’irritualita’ di quella collaborazione fra inquirenti e servizi segreti, assolutamente vietata dalla legge”. Cosi’ si legge nelle conclusioni della relazione redatta dalla Commissione antimafia, presieduta da Claudio Fava, dell’Assemblea regionale siciliana, sul “depistaggio in di via D’Amelio”. “Certa e’ anche l’irritualita’ dei modi (“predatori”, ci ha detto efficacemente un pm audito in Commissione) attraverso cui il cosiddetto gruppo Falcone-Borsellino condiziono’ le indagini, omise atti e informazioni, fabbrico’ e gesti’ la presunta collaborazione di Vincenzo Scarantino e degli altri cosiddetti pentiti. Certo, infine, ripetiamo, il contributo di reticenza che offrirono a garanzia del depistaggio – consapevolmente o inconsapevolmente – non pochi soggetti tra i ranghi della magistratura, delle forze di polizia e delle istituzioni nelle loro funzioni apicali. Ben oltre i nomi noti dei tre poliziotti, imputati nel processo in corso a Caltanissetta, e dei due domini dell’indagine (oggi scomparsi), e cioe’ il procuratore capo Tinebra e il capo del gruppo d’indagine ‘Falcone-Borsellino’, Arnaldo La Barbera”.