MAZZARINO – (prof Antonio Cassarà storico di Mazzarino) – Venerdì, 28 dicembre 2018, nell’accogliente sala Melvin Jones del restaurato convento dei Frati Minori Riformati, luogo prediletto dal principe Carlo Maria Carafa, a Mazzarino, gremita come la circostanza meritava, ha avuto luogo lo stimolante convegno dal titolo: “La Natività nell’Arte: un cammino che tocca la Sicilia”. Le menti dei partecipanti si sono piacevolmente riempite di tocchi musicali, di accenti poetici, di armoniose cromie e di profonda religiosità. Dal cerimoniere, Dott. Luigi Giuiusa, e dal Presidente del Club Lions, Prof. Filippo Stuppia, nonché dal Presidente di zona, Dott. Antonino Grasso, tutto è stato curato al meglio. Dopo gli opportuni saluti delle autorità succitate e del Sindaco della città, Dott. Vincenzo Marino, i relatori hanno tenuto alto il livello dell’attrattiva del tema, già di per sé affascinante. Il sottofondo adeguato è stato assicurato dal M° Giuseppe Spalletta, con i suoi applauditi interventi musicali. Non si potevano nutrire dubbi sul valore dei relatori impegnati, personalità tutte apprezzate nella vivace cittadina e nel circondario. Il Prof. Giuseppe Omar Licciardi ha ricordato le principali Fonti letterarie del tema della Natività (Vangeli dell’infanzia di Gesù, Vangeli apocrifi con le figure del bue e dell’asinello, della stalla o grotta, dei Magi, dei loro nomi e dei loro doni, della stella, dell’architettura diruta, del freddo ricordato dallo pseudo Bonaventura, della moltitudine di angeli introdotti nel XIII secolo, delle celesti rivelazioni di santa Brigida). Le testimonianze documentarie sono state lette con partecipazione dalla studentessa liceale Miriam D’Aleo. I riferimenti letterari hanno soddisfatto l’interesse dei presenti. L’architetto Giuseppe Maria Spera è entrato nello specifico del percorso figurativo, applicando il metodo didattico più efficace, facendo osservare l’individuazione degli elementi che costituiscono la vera Natività, servendosi dell’Adorazione dei pastori di Bernardino Campi (1574). Nell’opera, infatti, si osservano gli elementi fondamentali della Natività: la stella cometa, simbolo dell’arrivo del Messia, la grotta o la capanna, i pastori, simbolo di povertà, Maria, Giuseppe, l’asino, simbolo di umiltà, mitezza, ma anche di caparbietà, il bue, simbolo di pazienza nel Vangelo di Matteo, Gesù, dentro una mangiatoia, e infine un agnello, simbolo del sacrificio del Figlio di Dio.
La consumata esperienza ha permesso al relatore di articolare il discorso in modo brillante ed esaustivo. E’ stata un’immersione salutare nel grande mare dell’arte. La lunga carrellata meriterebbe la trascrizione del commento alle singole rappresentazioni, ma ci si deve limitare alla sola sequenza dei titoli delle opere coinvolte, dalle testimonianze più antiche alle più vicine a noi, per chiudere con i fastosissimi Presepi di Michele Cuciniello e quello del Palazzo Reale di Napoli. Sono stati citati gli affreschi delle catacombe di Priscilla, il sarcofago di Adelfia a Siracusa del IV sec. (la più antica testimonianza per la Sicilia, nella quale compaiono gli elementi essenziali come anche negli affreschi delle catacombe di Priscilla); le miniature dal Menologio di Basilio II del X sec. (qui la scena si arricchisce con la presenza di una levatrice, un capro nero e l’annuncio ai pastori. La figura di San Giuseppe appare ombrosa e appartata); la Natività della Cappella Palatina a Palermo XII sec. (si aggiungono i pastori offerenti e i Magi); il Presepe di Greccio della Basilica superiore di San Francesco d’Assisi, la Natività degli Scrovegni, la Natività della Basilica Inferiore di San Francesco d’Assisi, tutte di Giotto (nell’ordine, si introduce lo studio della prospettiva, San Francesco mima un presepe con un bambino fantoccio che si anima; la Madonna è raffigurata distesa dopo il parto; un fascio di luce collega cielo e umanità, attraverso la figura del bambino), la Natività di Niccolò di Tommaso, secondo la visione di Santa Brigida della Pinacoteca vaticana (la Madonna è rappresentata inginocchiata e orante), tutte del XIV sec.; l’Adorazione dei Pastori di Andrea Mantegna a New York (San Giuseppe dorme appoggiato a un tronco e il bambino è adagiato sul mantello della Madre), l’Adorazione di Filippo Lippi a Prato del XV sec. (San Giuseppe è in preghiera e partecipe; compaiono per la prima volta due santi: Giorgio, che prega, e Vincenzo Ferrer, che guarda una mandorla, in cui si trova Cristo), la Natività mistica del Botticelli a Londra (vi si rappresenta il cielo dorato, popolato da angeli, che sovrastano la capanna-grotta; compaiono le tre virtù teologali sul tetto e in basso il trionfo del bene sul male con l’abbraccio di Pace), l’Adorazione dei pastori del Correggio a Dresda (il bambino è fonte di Luce che può inebriare o abbagliare), la Natività di Lorenzo Lotto a Brescia (il bambino abbraccia l’agnello, simbolo della futura sofferenza), tutte del XVI sec.; l’Adorazione dei pastori di Messina e la Natività trafugata a Palermo, ambedue di Michelangelo Merisi detto Caravaggio, rispettivamente del 1609 e 1600 (nella prima scena, Maria si presenta affaticata e, nello stesso tempo, consolata dall’abbraccio del Figlio; il trafugamento della seconda opera costituisce una grande perdita e un affronto all’arte); la Natività di Matthias Stomer a Monreale 1646 e la Natività di Gesù di Antonio Balestra 1707 a Venezia (in ambedue, si evidenzia la luminosità emanata dal bambino). L’excursus proposto risalta l’importanza data dai diversi artisti alla Natività, arricchita con elementi nuovi e originali, allo scopo di trasmettere il messaggio cristiano di salvezza.
Il Prof. Antonino Cassarà, che da anni volge il proprio interesse verso le espressioni artistiche locali, ha proposto un’interessante Lettura delle Natività presenti a Mazzarino. Egli ha coniugato la religiosità popolare con la forza dei contenuti rappresentati. Nessun evento assicura al credente una gioia tanto vera quanto la natività. È gioia grande e al tempo stesso paradossale, per la presenza della sofferenza nella vita di ognuno. L’arte che si rifà ai contenuti della Sacra Scrittura è ritenuta, a ragione, arte sacra, quindi degna di venerazione. Tanti pittori credenti non si sono limitati a dipingere la Natività sulla tela o sulla tavola, ma l’hanno costruita prima di tutto nella propria vita, divenuta immagine di Dio. Il relatore ha preso in considerazione la Natività in legno scolpito di Felice Farruggia (1753) e quella di Santo Luigi Rigano (1872), la prima facente parte dell’Armadio porta arredi della sagrestia della chiesa di Santa Maria di Gesù e l’altra degli Stalli dei Mansionari in chiesa madre. Il Farruggia era un artista versatile, autore di un monumentale armadio porta arredi e si resta impressionati dell’esuberanza delle 54 scene scolpite. Un capolavoro di maestria con cui l’artista permea di poesia l’oggetto funzionale. Nella Natività la scena è sviluppata davanti a una struttura architettonica classica, ricorrente nell’arte di epoca rinascimentale, barocca, neoclassica e romantica. Partecipano al bello l’armoniosa fusione dei personaggi con l’architettura, il riuscito incastro dell’annuncio dell’Angelo ai pastori, la disposizione a V dei personaggi intorno al Bambino. Gli elementi formano una piramide rovesciata. Tale soluzione evoca quello svuotamento e annullamento di cui parla San Paolo ai Filippesi: «Egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. …» (Fil 2,6-10). Non stupisce se questo, in chi guarda, possa suscitare curiosità e monito alla coscienza. Si è considerato il piccolo lenzuolo sollevato dalla madre come richiamo evidente del telo per la sepoltura. A somiglianza degli artisti fiamminghi, poi, il nostro artigiano pone il Bambino direttamente a terra, per coinvolgere il cuore e la ragione di chi osserva. I pastori guardano, commentano e, soprattutto, contemplano. Dove c’è condivisione, c’è uniformità d’intenti e crescita nella fede.
Circa cento vent’anni dopo, nel 1872, Santo Luigi Rigano riprende il tema della Natività per gli Stalli dei Mansionari in Chiesa Madre. Nella formella della Natività fa spicco, anche qui, l’imponente architettura, che fa da sfondo alla rappresentazione. Attraverso le sue aperture, lo scultore ci fa spingere lo sguardo sul paesaggio. La gioia contagia gli Angeli e le persone. Il motivo della gioia è il neonato nella cuna ed è il primo atto del progetto salvifico pianificato da Dio. Il figlio di mastro Liborio, barbiere, e di Anna Colajanni, casalinga, riesce a far riflettere. Occorre guardare l’evento con l’attenzione, lo stupore, di Maria, di Giuseppe e con la semplicità del pastore inginocchiato. L’azione di guardare costituisce un altro concetto forte espresso dalla Natività. Il credente non guarda per curiosità, ma per contemplare la verità, la bellezza che salverà il mondo.
Sulla volta della piccola chiesa di San Giuseppe, si trova una tela della Natività che, nonostante il precario stato di conservazione, non ha perso la forza del messaggio. «NATUS EST VOBIS HODIE SALVATOR QUI EST CHRISTUS. Oggi è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore» Dio ha toccato le profondità dello svuotamento. La scena è molto raccolta. La disposizione circolare dei personaggi rinvia al proposito del credente d’avvicinarsi, quanto più gli è possibile, al modello di amore proposto da Dio. «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi» (Gv 15,12). Se a questo si aggiunge la disponibilità a farsi guidare dalla luce inesauribile della grazia, allora si comprende la necessità di operare il bene, la giustizia, il perdono che fa conseguire gioia e pace. Di fronte al Bambino, nuovo Agnello sacrificale a vantaggio dell’umanità, il credente prega con questi personaggi a mani raccolte, guarda estatico, mentre gli Angeli vigilano e custodiscono. Conclude con una Natività del nostro tempo: un paliotto d’altare ligneo dello scultore Hermann Iosef Runggaldier di Ortisei (2003). Si tratta di un alto rilievo dipinto in legno di cirmolo della Valtellina, Pinus cembra. Si trova in chiesa madre. Il rettangolo esteso costringe lo scultore a sviluppare la scena prevalentemente in senso orizzontale. Per la presenza dei magi l’opera non rientra tra le natività secondo lo schema più antico. L’ha inclusa per lo spazio marginale che essi occupano e confessa di non aver saputo resistere alla finezza dell’opera. In essa, alla madre l’autore affida il compito di presentare e consegnare il Figlio di Dio all’umanità. Personaggi, azioni e gamme cromatiche sono piacevolmente orchestrati. Il colore tenue trasmette all’opera un senso di leggerezza e spiritualità. I tre angeli presentano la teofania divina: annuncio ai pastori a sinistra, a destra un angelo sostituisce la cometa e guida i magi, quello del centro intriga di più perché, con la mano portata alla bocca, sembra mimare una domanda sussurrata a Giuseppe, che, con la mano aperta avvicinata all’orecchio, sembra voler ascoltare. Si può pensare al suo dubbio, ormai risolto, sulla verginità di Maria, futura sposa, e al conseguente chiarimento fattogli dall’Angelo: «Non temere di prendere con te Maria, tua sposa, … il bambino generato in lei viene dallo Spirito Santo» (Mt 1,18-25).
La conclusioni sono state tratteggiate con esuberante soddisfazione da Don Pino D’Aleo, Vicario episcopale e socio onorario del Club. Egli ha considerato, in particolare, come l’uomo proietti nel presepe elementi di vita, rendendo umano il divino e come la kšnwsij, evocata da San Paolo, esprima il dovere di farsi aiuto per l’altro.