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I Santi visti da vicino: L’omelia di Ognissanti a cura di Don Salvatore Callari

Carmelo Barba

I Santi visti da vicino: L’omelia di Ognissanti a cura di Don Salvatore Callari

Gio, 01/11/2018 - 07:00

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Nella festa di Tutti i Santi , io credo, che sia difficile fare la scelta del taglio da dare alla stessa, nutrendo qualche perplessità. Si può parlare con le parole della teologia, dell’ascetica, e, cosa ancor più impegnativa. con le esperienze della mistica. E questo è già un po’ difficile a capirsi.. Oppure c’è una maniera semplice, più adatta alla comprensione dei fedeli, semplice fino a diventare popolare, direi quasi, ingenua. Però, alla fine, potrebbe risultare il modo più efficace . Con una dose di ingenua presunzione scelgo di parlare in modo popolare, familiare, come in un incontro amichevole, quasi in una conversazione da salotto… devoto. Inizio con un riferimento che forse viene captato meglio da quelli più adulti o anziani. Di noi, anziani, che siamo stati fanciulli, molto tempo fa. E sentivamo parlare dei santi, e si facevano le feste dei santi, più o meno solenni, così come si fa ancora oggi, in qualche modo. Si facevano i panegirici , cioè la predica riassuntiva, commemorativa della vita del santo festeggiato. Le preghiere, le nicchie, le immaginette, i canti.. E ora spolvero in particolare la mia personale esperienza , raccogliendo e interpretando anche quella degli altri coetanei e non. Ebbene un aspetto per un verso nobile, di rispetto, di venerazione, di ammirazione dominava i nostri pensieri, i nostri sentimenti. Certamente, ciò era bello, ma si restava lodevolmente nella devota considerazione di un altro mondo, lontano, in qualche modo evanescente nel mistero. Il santo ! La parola santità, in genere, suscitava, e certamente anche oggi, stima, ammirazione, ma quasi inevitabilmente creava distanza, per altro ritenuta giustificata. Io credo che questa fosse la mentalità diffusa, accettata e coltivata. Poi, col passar degli anni, è arrivato l’evento straordinario del Concilio Vaticano II e molte cose, sul piano della vita ecclesiale , cambiarono. Una delle novità più evidenti, o meglio una verità riscoperta e riproposta, fu quella che il concilio ha gioiosamente proclamato: “ Tutti siamo chiamati alla santità”. Fu come aprire le porte di un santuario, abitazione dei santi, riservato a loro, che però veniva aperto perché entrassero tutti i cristiani, senza distinzione. E non perché già santi, ma invitati a divenirlo, acquistandone il diritto. Quindi è diventato un argomento e una realtà che ci riguarda. E la legittimazione ad averne il titolo è la testimonianza di vita, concreta, assidua e sincera, che non è un concetto astratto da spiegare, ma un fatto e una vita , una esistenza da raccontare. E qui incomincia il discorso discriminatorio. Quel “ tutti” del concilio che impone una selezione. Ed ecco allora la testimonianza deve essere di una esistenza non mediocre, né annacquata, nè inconsistente, né opaca o anche semplicemente triste, quasi una rassegnazione fastidiosa della qualità di vita. Importante è non ipotizzare barriere o fossati, cercando figure che vivono la dimensione dell’eroismo, dei miracoli operati con frequenza, dello stile di vita caratterizzato da penitenze straordinarie. Così diventa facile ritrovarsi in situazioni di quotidianità che però vengono elevate nobilmente al grado di perfezione e di santità. Ha contribuito a rinnovare la comune mentalità relativa all’argomento di cui stiamo trattando, non soltanto la dottrina del Concilio che invita alla santità, ma più efficacemente, la scelta dei Pontefici, che in questi ultimi tempi hanno elevato alla gloria degli altari numerosi santi di ogni provenienza, di ogni condizione di vita, di ogni grado di cultura,. Non solo persone consacrate, religiose e religiosi, Papi, Vescovi, Sacerdoti, semplici operai, mamme di famiglie volontari al servizio della carità. E con grande stupore constatiamo esserci la presenza, tra i nuovi santi, di ragazzi e ragazze, che in contrasto con i tempi moralmente tristi che viviamo, hanno saputo vivere la realtà della santità con ammirevole coraggio e serenità, accompagnati da amabile sorriso. Superando una spiacevole espressione che dice . “ un triste cristiano è un cristiano triste.” Le cronache che quotidianamente ci affliggono con notizie di crimini, di morti e di sventure, nei giornali più seri, e competenti nel settore, ci parlano di giovani speranzosi che si affacciano alla vita, che sono stati dirottati sul sentiero del dolore e della morte che hanno accolto gioiosamente con un “ si “ al volere di Dio. E per molti di loro si parla di vita ordinaria vissuta nella straordinarietà dell’amore, della fede e si parla di santità: i santi della porta accanto.