La bellezza salverà il mondo. Quante volte abbiamo sentito dire questa frase! Di certo Dostoevskij, che la riportò in un suo romanzo, non poteva immaginare che potesse essere così tanto citata in futuro e potesse essere tanto usata e abusata al punto da perdersene addirittura il senso. E allora contribuiamo pure noi a parafrasarla riconducendola alla piccola, marginale e provinciale realtà nissena.
Tanti vorrebbero che la bellezza salvasse Caltanissetta, forse perché non in grado di elaborare programmi e pianificare strategie pragmatiche, certe e razionali. Ci si vorrebbe rifugiare nella bellezza per evidenziare, quasi in un logico contraltare, la differenza con la bruttezza in cui è caduta la nostra nobile Città; si auspica la bellezza per riscattare l’indecenza e l’incultura che ci pervade; si inneggia alla bellezza per tentare un riscatto evocando una storia che ci parla e decanta una Caltanissetta radiosa, elegante e ricca.
Ma la bellezza dà gloria se la si gode alla luce del sole. Non esiste bellezza nell’oscurità. La luce dà vita e dà forma alla bellezza. E risalta i suoi contorni, perché bello è ciò che vedi, tocchi e che quindi ha una dimensione. In uno di quei programmi tv notturni di cultura che purtroppo non vede nessuno un giornalista diceva che “la luce della stella fa risaltare la grandezza infinita del cielo e l’armonia di una musica esalta la grandiosità del silenzio”; Infatti ciò che smisurato senza il confronto di qualcosa che abbia una misura conosciuta produce mostruosità, cose che non si identificano o che non hanno forma. Cioè pensare cose astratte senza avere idea di cosa si parla perché non si ha una conoscenza che faccia da parametro vuol dire pensare a cose immaginarie e senza senso. Vuol dire sognare. Mi pare che il paragone con la nostra realtà politica e amministrativa sia quanto meno calzante.
Infatti sembra scontato che ci siano similitudini con il sogno agognato e promesso da chi amministra questa nostra città, da chi sognava di cambiare il mondo reale confondendo sogno con utopia; si sognava e si sogna di annullare il mondo reale con fare appunto utopico immaginando luoghi e uomini fuori dalla realtà, dalla vita, dalla nostra stessa storia. Un miraggio che ha distrutto tutto quindi anche il senso di bellezza che per generazioni Caltanissetta, attraverso i suoi uomini, aveva costruito.
Eppure ancora oggi c’è qualcuno che parla ancora, anche al di fuori del cerchio ristretto di chi ci amministra, di bellezza. Ma la bellezza è un dono e per realizzarsi e alimentarsi deve trovare energie e risorse. Altrimenti, se non utopia, diventa un elemento superfluo, fine a se stesso, ennesimo elemento di illusione che Caltanissetta oggi non può più permettersi.
E ammesso che qualcuno sia in grado di capire cosa sia la bellezza e faccia in modo di donarcela, siamo sicuri che tutti i cittadini siano in grado di coglierla? I nisseni purtroppo oggi volano sempre più verso il basso, la nostra società è ammalata e, come si dice livellata verso il basso. Ma la bellezza va verso l’alto e non verso il basso. Si innalza, come ogni cosa positiva. Le cose leggiadre si elevano, la pesantezza va verso il basso. L’utopia va verso il basso come una zavorra. La bellezza va verso il cielo, è genio e dona spesso un sorriso.
Un Sindaco che non ha un programma, che non ha capacità di sintesi a cui sfuggono contenuti e forme, che non produce sviluppo e azioni differenziate settore per settore che diano risultati positivi, che manca nel cogliere le occasioni e soffoca le elevazioni degli uomini e dei contenuti, è confuso e confonde. E’ come l’immondizia. Se è indifferenziata essa stessa rappresenta il caos. C’è tutto dentro: questo non è bello. Quindi bello è ciò che viene fuori dall’ordine quindi dalla diversità. Non avendo idee, non portando avanti alcuna azione di qualità, settore per settore, mai si raggiungerà il bello.
Questa idea dovrà essere recepita da chi si affaccia a soppiantare il nefasto movimento senza ordine di questo Sindaco. Il nuovo sindaco e la sua compagine politica devono uscire da questa uniformità e da queste bassezze; diremmo da questa mediocrità fatta di uomini senza cultura e senza l’idea dell’ordine e dell’organizzazione.
La bellezza ha come basi per manifestarsi automaticamente queste condizioni. La bellezza, infatti, è la vittoria dell’essere organizzato sul niente disorganizzato; è la vittoria della creatività sull’annichilimento e della costruzione sull’immobilismo.
La bellezza non è la democrazia partecipata, il civismo sotto vuoto spinto, la città dei bambini, il mondo delle favole che il suonatore del flauto magico fece immaginare e non è nemmeno quella che i correttori con la stessa origine vorrebbero far credere che sia semplice raggiungere. Cioè quella fatta di tutto e nulla, del “manchismo” di veltroniana memoria, del dialogo immaginifico con buone dosi di buonismo ed effimere ambizioni.
La bellezza non è quella ricercata da chi ci ha reso invece brutti.
La bellezza è gioia e mai una ce ne hanno regalata; la bellezza è bene e nella nostra società fino ad ora ha prevalso quasi sempre il male; la bellezza è esaltazione e noi viviamo in perenne depressione.
La bellezza salverà il mondo! Ma a questo punto ci viene il dubbio che forse dovrà essere questo mondo, il nostro mondo, a salvare la bellezza. Siamo noi infatti che scegliamo gli uomini che ci governano, siamo noi che dovremmo analizzare il loro bagaglio culturale e la loro nobiltà d’animo; siamo noi che dovremmo capire, prima di eleggerli, se hanno dentro quelle qualità e le attitudini per organizzare e rendere funzionale la nostra società, se sono capaci di sfuggire alla pesantezza dell’utopia.
Che abbiano il senso della bellezza e sappiano donarcela.