Questa è una riflessione teologica, una deduzione, ma nel vangelo di oggi ci viene presentata una scena che è del tutto concreta, soggetta alla prova dei sensi. Gesù appare a Tommaso che dubita della sua risurrezione; poi il rimprovero per la sua incredulità, e la “rimonta” di Tommaso che fa la sua nobile professione di fede : “ Mio Signore e mio Dio “ . Tutto visibile e udibile. E’ mirabile come Tommaso abbia trovato con poche parole ad esprimere nel modo più perfetto, teologico e profondo la propria fede. Ma è consolante quello che aggiunge Gesù. “ Beati quelli che pur non avendo visto crederanno. Sembra che Gesù, chiuso l’incidente di Tommaso, si voglia rivolgere, allungando lo sguardo sui secoli a venire, agli uomini di tutti i tempi, e quindi anche a noi. Noi siamo chiamati alla fede, non perché ci sentiamo supportati dalla vista, dal contatto fisico, ma dalla forza della verità contenuta nella Parola di Dio che ascoltiamo. La fede è incontrare il Signore e sentirlo nel cuore per la grazia dello Spirito Santo che ci parla. Se avremo, o se abbiamo assiduamente la sensibilità di accogliere la voce dello Spirito di Dio, ci sentiremo a colloquio con Lui, lo incontreremo ascoltandolo, lo incontreremo nei sacramenti e ne avvertiremo la dolcissima presenza nella Eucaristia. Come è edificante la testimonianza di tanti semplici cristiani, o noti e anonimi personaggi cercatori di Dio, che affermano di “averlo incontrato” e di sentirlo come “interlocutore” che ha cambiato la loro vita, “senza averlo mai incontrato” nella realtà storica, fisica, e sensibile. Diciamo col Centurione e con intima gioia : “ Io credo, Signore, e Tu, aiuta la mia fede”.