Cosa desidera realizzare l’elettore votando? Che si concretizzino i suoi sogni. Il che è buono e giusto. Un candidato può sembrarci una persona sincera e anche sognatrice e questo spesso ci accontenta. Con fare affabulante in campagna elettorale quella persona sincera e sognatrice si l’abbiamo identificata nell’attuale sindaco Ruvolo.
Molti nisseni hanno non sognavano soltanto ma agognavano anche un riscatto riponendo in quella persona speranze e progetti quasi consegnando a lui, ognuno, le aspirazioni anche personali.
Ma lui cosa sapeva di noi? Delle nostre profonde speranze o di quelle esigenze che mai compiutamente esprimevamo? Non siamo stati del tutto chiari, parlava lui e non certo noi e, paradossalmente, gli abbiamo permesso di non essere del tutto sincero, a non dirci francamente “c’è poco da promettere e ancor meno da sperare e quello che si può realizzare sarà sempre molto meno di quanto voi attendete”. Lui sapeva che non lo avrebbe votato nessuno se non i suoi amici intimi e stretti. Lui civico e partecipativo anzi fece il patto col diavolo pur di ergersi a guida spirituale di una città in quei giorni persino vaneggiante.
Abbiamo sognato insieme a lui facendoci cullare, sognando in un alone di speranza che non era quello che la politica, cattiva, dura, cruda, aspra impone qui più che altrove. Abbiamo rigettato il pensiero e il progetto vero fatto di sacrifici, sudori e concretezza che altri ci presentavano.
Adesso ci svegliamo da quel torpore, come quando sei a letto al calduccio e vorresti ancora rimanere li pur sapendo che la sveglia ha già suonato da un pezzo e ad un metro c’è il mondo che ti aspetta. E non è un bel mondo.
In politica e nel calcio e forse nella vita le promesse mancate, le bombe inesplose, sono la regola. E nel calcio la promessa mancata è in genere un ricordo malinconico. In politica la promessa mancata si carica invece di risentimento e rancore. Ad essere sinceri oggi tutta la politica è sempre una promessa mancata e che quel poco che c’è di buono in essa consiste nella capacità comunque di apprezzare i pochi risultati positivi che talvolta ci regala, sempre ben inferiori rispetto alle promesse. Ogni politico o amministratore di spicco è anche il punto di convergenza di speranze, aspettative, delusioni e infine rancori. Ovvero di odio. Questa parabola è inevitabile. Lo è anche per Ruvolo che dopo le speranze eccessive ha proporzionalmente creato una disillusione, altrettanto eccessiva.
In un tempo antichissimo, la promessa mancata dei politici preludeva al loro linciaggio, inizialmente spontaneo e bestiale, poi ritualizzato. In molte società tribali era previsto che il re regnasse per un periodo predeterminato, dopo il quale era ritualmente ucciso. In seguito si andò verso una progressiva civilizzazione. Inizialmente un sacrificio umano sostituì quello del re in carica. Poi si passò a sacrifici animali fino ad arrivare a cerimonie di morte e resurrezione solo metaforiche.
Da Cesare fino a Gheddafi fare il capo politico è sempre un mestiere ad alto rischio, figurarsi per un sindaco di periferia.
Per comandare occorre promettere e se si promette prima o poi si delude, scatenando la reazione di chi abbiamo illuso.
Oggi Ruvolo può sfuggire a questo intreccio perverso di promessa e delusione? Da quello che vediamo giusto in questi ultimi giorni possiamo affermare che il nostro primo cittadino è addirittura stritolato più dalle sue responsabilità che dalla sua incapacità. E’ vero, il fallimento è decretato da un mancato rispetto della promessa. Ha presentato un programma; dopo tre anni non ha rispettato nemmeno un punto. Si può ingannare qualcuno, temporaneamente; non si possono ingannare tutti, sempre. Ha fallito per incapacità ma il vero coltello nel fianco del Sindaco sono le responsabilità che ne derivano. La comunità aveva bisogno di certezze al risveglio e purtroppo si è accorta che quel Sindaco delle promesse e dei sogni è stato soltanto uno come tanti altri.
Napoleone diceva: “Se vuoi avere successo a questo mondo, prometti tutto e non mantenere nulla.”
E così il Nostro ci sta trascinando verso una Waterloo tutta nissena con l’aggravante che nessuno di quelli che ne abbia la possibilità, per titoli e ruolo, abbia intenzione di fermarlo anzitempo.
Quella realtà a cui si faceva riferimento, un metro oltre il calduccio del letto, presenta aspetti istituzionali e protagonisti che si alimentano con i sogni del Sindaco. Non si esce dal sogno e si costruisce una realtà che prontamente sostituisce aspirazioni e necessità. I tempi e le regole indicano e impongono una tempistica ed un assetto che ha un sua costruzione naturale. Questo segmento temporale permetterà a chi ha fallito e continua a sognare di continuare a vivere in una sua dimensione, in un intreccio perverso che va oltre la dignità e la presa d’atto della disfatta.
Quella speranza della politica nissena non è più lanciata verso i successi e i grandi palcoscenici ma verso nostalgici, tristi allenamenti in solitudine su grigi e penosi campetti rionali.
Ma mettendo da parte i sogni e guardando in faccia a muso duro la realtà ci si rende conto che quando si vota si fa un investimento. Occorre però che si sia ben coscienti di questa delicata scommessa su una persona. Per cui oggi nessun atto di commiserazione è ammesso di fronte ad un investimento sbagliato quando investitore (elettore) e attore (sindaco) pur consapevoli della perdita continuano a generare illusioni ed alimentare sogni di riscatto. Quella si chiama frustrazione.
La frustrazione del fallito si materializza sempre nella sagoma dell’ipocrita, che ha tre segni di riconoscimento: quando parla, mente; quando promette, manca alla promessa data; quando ci si fida di lui, tradisce.