Lo scavo del relitto. Per poter studiare e documentare il relitto è stato necessario realizzare una trincea trasversale all’asse della nave. L’indagine archeologica subacquea, con finalità anche di esercitazione didattica, ha comportato lo scavo mediante sorbona ad acqua, la messa in opera di un cassero metallico (attrezzo progettato e realizzato ad hoc per contenere lo scivolamento in trincea della sabbia) e la messa in luce di una porzione di relitto di quattro metri di lunghezza e due di larghezza. Ciò ha consentito di condurre rilievi diretti, riprese per modello 3D e il prelievo di campioni per datazioni radiometriche. Tutte le attività a mare si sono svolte con il supporto tecnico del Centro subacqueo Ibleo “Blu Diving”. I dati raccolti saranno ora elaborati dal Laboratorio di archeologia delle acque del Dipartimento di Studi umanistici e del Patrimonio culturale.
Il “Progetto Kaukana” è una nuova e inedita collaborazione tra l’Ateneo friulano, che da anni conduce indagini archeologiche subacquee in Friuli Venezia Giulia, e l’unica Soprintendenza in Italia che si occupi specificatamente del mare.
«L’iniziativa – spiegano Capulli e Tusa – nasce dalla sinergia di due istituzioni che dagli estremi opposti del nostro paese si impegnano a diverso titolo per la tutela e la conoscenza del patrimonio culturale sommerso». In particolare, «la Sicilia – sottolinea Capulli – rappresenta per molti versi il cuore del mar Mediterraneo e le sue acque costituiscono un luogo di straordinario interesse per fare ricerca e formare i nostri studenti».
Il team che ha condotto le ricerche era composto da Massimo Capulli, Dario Innocenti e Lia Quarantotto (Università di Udine), Nicolò Bruno (Soprintendenza del Mare) e Maurizio Buggea (Centro subacqueo Ibleo “Blu Diving”).