Il candidato alla presidenza della regione Sicilia Musumeci non ha raccolto il guanto di sfida del pubblico confronto lanciato dal candidato alla presidenza della regione Sicilia Cancelleri. La motivazione addotta al diniego è quasi epica: essendo Musumeci un ex condannato a morte dalla mafia ed avendo per questo passato sette anni con la scorta, non ha nulla da dire al giovine sfidante; e del resto non avrebbe lo stesso nulla da dirgli poiché mentre egli, Musumeci, governava (governava? Mi sembra più adatto “amministrava”) un milione e duecentomila abitanti, il candidato Cancelleri (evidentemente ancora ragazzino) avrebbe fatto anticamera nella segreteria di un assessore; non si precisa quale. Mi domando come abbia fatto Musumeci a scoprire questa precisa delittuosa circostanza, impegnato com’era a governare 1,2 milioni di anime, così come mi domando quanto lunga sia stata la colpevole anticamera; ma mi tengo entrambe le domande. Ma il punto è che le giustificazioni di Musumeci non sembrano bastevoli per non accettare un pubblico confronto democratico in campagna elettorale: devono esserci per forza altre motivazioni diciamo così “caratteriali”; scartando subito, peraltro, la remotissima ipotesi della paura di perdere il pubblico confronto poiché essendo rimasto condannato a morte dalla mafia sette anni, Egli è un vero Eroe.
E proprio in questo, forse, si può trovare la vera motivazione dello sprezzante (non poteva che essere sommerso di “sprezzo”) diniego a confrontarsi con il fellone cinquestellato. Secondo il grande Achille Campanile, che proprio sull’Eroe ha scritto un libro, sembra che alcuni di questi rari e celebrati uomini siano talvolta propensi a pensare che tutti gli altri “non eroi” siano dei vigliacchi; in ciò commettendo un errore e una ingiustizia poiché in realtà non si tratta di “non eroi”, bensì di “non ancora eroi”: la stragrande maggioranza di essi non lo diventeranno mai, ma vogliamo togliere loro il diritto di aspettare che tirino le cuoia, prima di smettere di sperare nella gloria eterna? L’eroe, cioè, dimentica che per diventare tale egli si è trovato in tempi e circostanze favorevolmente coincidenti per dimostrare eroismo; tempi e circostanze che non tutti hanno la fortuna o sfortuna di incrociare e potere così dimostrare di essere eroi o vigliacchi.
Un’altra spiegazione è nell’arcipelago chiamato “centro destra” – in mancanza di altre denominazioni – che come una potente calamita attira tutta la ferraglia rugginosa della Sicilia degli ultimi vent’anni (da Cuffaro a Crocetta), anche se esclude fortunosamente Alfano e Castiglione, riparati in altro porto. In tale travagliato coacervo, Musumeci sarebbe invischiato come in una mota infernale nella quale come si muove sbaglia e perciò – imitando in questo l’ultimo Renzi imbarazzato e bolso – se la prende con i cinquestelle…e non sbaglia mai.
Conosco perfettamente il “brodo primordiale” nel quale si è politicamente formato il candidato presidente Musumeci poiché è lo stesso nel quale, orgogliosamente, mi sono formato anch’io; perciò stesso mi preme trovare una spiegazione ai suoi comportamenti. Mi spiego meglio: in altri gloriosi tempi lo stesso Musumeci avrebbe chiesto il confronto con chiunque altro e certamente chiunque altro glielo avrebbe rifiutato in quanto egli, Musumeci, allora affetto da quel peccato originale, quel “conventio ad excludendum” nel quale, oggi, “tutti gli altri” vogliono confinare (ove non lo avessero già fatto) il Movimento Cinquestelle. Oggi dunque, Musumeci si sarebbe trasformato, come del resto avviene speso, da vittima in aguzzino; aguzzino cooperante per giunta.
Ho l’impressione che il candidato presidente Musumeci abbia la memoria corta oppure si è troppo omologato nel sistema. Quel sistema (ricorda Musumeci?) del quale Noi dovevamo essere l’alternativa. Alternativa di popolo con idee chiarissime già allora, quasi cinquanta anni fa, sui temi più importanti e attuali anche oggi; il più importante: l’Europa Nazione. “Italia Europa Rivoluzione” era lo slogan principale di tutte le manifestazioni che partivano da piazza Università (Catania, naturalmente) con i ragazzi del mai abbastanza compianto Benito Paolone, il FUAN Caravella, i “Volontari Nazionali” nelle retrovie, e tra due ali di celerini con gli elmetti e gli sfollagente negli zaini (i celerini di Pasolini). Erano forse manifestazioni sbagliate? Può darsi, tant’è che non hanno sortito alcun effetto (o comunque non per tutti, ché taluni si sono sistemati per la vita anche da “rivoluzionari nazionali”). Erano comunque manifestazioni di popolo, erano idee di popolo, delle quali andare fieri.
Ma non tutti hanno la memoria corta. Il candidato unico dell’arcipelago alla presidenza della Regione Siciliana – con tanto di tiket (!!!???) come usa adesso – dato per favoritissimo dai sondaggi, amava, un tempo, nei frequentatissimi congressi del M.S.I. farsi riprendere o fotografare alle spalle di Almirante (allora la barba era nera e vigorosa e non tristemente bianca, pendula e spelacchiata), tuttavia dal Grande Maestro egli ha appreso ciò che poteva: certamente non il fatto che il nemico da attaccare e battere era la DC e i partiti di governo e non il PCI che, come ripeteva e come poi è puntualmente avvenuto, “si sarebbe battuto da solo”. Mai si sono sentite da Almirante critiche comiziali al PCI: di certo aspre ma brevi filippiche contro il comunismo ma mai dirette ai comunisti e al Partito Comunista poiché questo rappresentava in gran misura, insieme allo stesso M.S.I., la Protesta di Popolo. Dunque meritava comunque rispetto, il rispetto del resto tributato di persona dallo stesso Almirante alla salma di Enrico Berlinguer, sfidando tutto e sorprendendo tutti.
Ebbene oggi quel rispetto lo meritano gli aderenti al movimento cinquestelle, per la protesta di popolo che in grande copia rappresentano. Si può essere o no d’accordo con le loro tesi ma Essi meritano di entrare nell’agone democratico e di esprimere le loro idee e le loro proteste. Oggi più che mai, nel giorno in cui in parlamento, ponendo la fiducia di governo sulla legge elettorale, si sfruttano le paure di deputati e senatori “peones” – non certo “grillini” – che anelano come massimo impegno politico a scaldare la remunerativa poltrona ancora per alcuni mesi; avverrà dunque che costoro, poverini, animati da tali pecuniari sentimenti voteranno e approveranno la più importante delle leggi che regolano l’esercizio della democrazia in Italia.
Ma per il rispetto stesso che i Candidati (coperti di sola candida veste, nell’antica Roma) debbono a tutti gli elettori, spero che Musumeci ci ripensi, telefoni a Cancelleri, si scusi e fissi un appuntamento per un pubblico confronto. Tanto, che può succedere? È solo prassi comune. Da navigato politico Musumeci dovrebbe sapere che non succederò nulla, ciascun votante ha già preso una sua posizione ed è difficile, purtroppo, convincere qualcuno sulla base di un ragionamento: valgono sempre di più le promesse opportunistiche; nel rimanente spazio c’è il nuovo, la speranza di cambiamento; e questa, piaccia o no, non c’è dubbio che è interpretata da Cancelleri. Ciò indipendentemente dal confronto e da tutto il resto.
Infine, solo per una questione di gusto e anche per le antiche e comuni origini, spero che Musumeci dismetta l’invettiva contro il movimento cinquestelle: espressioni come “hanno scoperto che il più pulito ha la rogna” riferito agli aderenti al movimento, se le risparmi, anzi le lasci a Renzi e ai suoi sodali; in estrema necessità anche qualche candidato delle sua lista di riferimento mi sembra adattissimo. Passato Crocetta, ben altri stili devono distinguere un candidato alla presidenza di una regione senza la quale non è possibile immaginare l’Italia e la stessa l’Europa.
Arcangelo Pirrello