A chi non piace il cioccolato? Non è per essere presuntuoso, ma piace davvero a tutti!
Lungo il mio percorso di ricerca sul cioccolato, ho potuto scoprire quali furono i sui principali impieghi in passato, ed è proprio da qui che ho scoperto che il cioccolato non può non piacere.
Per giustificare la mia teoria bisogna partire dalla storia per scoprire quanta fatica, ricerca e quanti personaggi ci sono dietro una “semplice” barretta di cioccolato.
Una leggenda azteca, narra di un dio giardiniere, chiamato Quetzalcoatl, che insegna agli uomini a coltivare cachuaquahitl: l’albero della forza e della ricchezza. Attraverso i semi di quest’albero, il dio, mostra al popolo come si prepara il xocolatl, il nettare degli abitanti del cielo. Da qui il motivo per il quale la pianta del cacao si chiama Theobroma Cacao, cioè cibo degli dei.
L’albero del cacao è originario dell’Amazzonia e, tremila anni fa, arriva in Messico. I suoi semi sono utilizzati come moneta ed è per questo motivo che, quando gli aztechi mandano esattori armati a riscuotere i tributi delle popolazioni maya e tolteche, oltre ad accettare in pagamento schiavi e cibo, pretendono soprattutto i semi del cacao.
Nel 1502, Cristoforo Colombo, approda a Guanaja. Crede si tratti dell’Indocina, in realtà e l’Honduras. Dalla Santa Maria si vede raggiungere da un uomo su una grossa nave con cinquanta rematori. Colombo, descrive “un uomo dal volto nobile, riccamente abbigliato e con il capo cinto da una corona di piume”. Lo sconosciuto sale a bordo della caravella e regala a Colombo i semi di cacao e la bevanda amara e speziata che se ne trae.
Cristoforo Colombo di ritorno dal suo ultimo viaggio nel Nuovo Mondo, mostra in Spagna i semi di cacao e spiega che laggiù valgono come monete; ma Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona non rimangono particolarmente impressionati.
Qualche anno dopo, nel 1519, Fernando Cortés semina distruzione e morte, colonizza il paese e, insieme a forzieri pieni di oro, dona a Carlo V i semi di cacao. Cortés spiega a Carlo V che, la bevanda estratta dai semi di cacao “dà forza e permette di avvicinare le donne”. S’intuisce immediatamente che il conquistador riconosce l’inestimabile valore di quello che egli stesso considera: “oro liquido”.
È innegabile che alla schiumeggiante bevanda manchi lo zucchero. S’inizia diminuendo le dosi di pepe, peperoncino e cannella, ma è mantenuta quella della vaniglia aggiungendo, quindi, anche lo zucchero.
Grazie ai missionari gesuiti, il cacao prende la strada dell’Europa. Già a meta del Cinquecento le navi con la bandiera spagnola battono instancabili la “rotta del cioccolato”. Oltre che in Messico, le piantagioni sorgono a Cuba e in Venezuela, in Giamaica e a Hispaniola, a Santo Domingo e alle Canarie. I francesi, nel 1660, danno inizio alla produzione di cacao in Martinica; l’anno dopo, fanno altrettanto i portoghesi in Brasile. Gli olandesi puntano all’oceano indiano ed è quindi la volta di Giava, Sumatra, Filippine, Malesia, Nuova Guinea, Samoa, Indonesia e l’Isola di Trinidad.
Tornando alla bevanda ricordiamo che, dopo l’aggiunta dello zucchero al cioccolato, si sono spalancate le porte di tutto il mondo. Ora non è più solo qualcosa dì buono; dottori e speziali lo considerano magico e medicamentoso e i monaci lo bevono per attenuare la fame dopo i lunghi digiuni.
L’”essere o non essere” di Shakespeariana memoria, diventa per diversi anni, nel caso del cioccolato, “bevanda o alimento”? Se lo chiede anche Papa Clemente VII e così nascono miriadi di dispute sull’argomento. Da una parte i gesuiti lo considerano una bevanda, dall’altra parte i domenicani lo ritengono un alimento che infrange la ferrea regola del digiuno.
Dopo infinite diatribe, la risposta di banale ovvietà, arriva da parte del cardinale Francesco Maria Brancaccio: “Liquido, il cioccolato è una bevanda. Se è solido, no”.
Il cacao arriva in Francia nel 1615 ottenendo un trionfale ingresso a corte con il matrimonio tra la principessa spagnola, Anna d’Austria, amante del cioccolato, e il re di Francia, Luigi XIII. Il cioccolato diventa ben presto una bevanda alla moda in tutto il paese e, alla fine del 1600, il cioccolato conquista anche Belgio,Germania e Svizzera. Da qui penetra in Austria e in Italia, eleggendo come sue “capitali” Perugia e Venezia.
Nel prossimo articolo conosceremo i processi di produzione del cioccolato e come esso si è evoluto nel corso degli anni rendendo sempre più veritiera la teoria di molti che, come me, sostengono che il cioccolato piace a tutti.