La recensione del prof. Tonino Calà: Comprensibilissima Sicilia
Cosa sia la sicilianità è cosa difficile da capire per le troppe contraddizioni della nostra isola. Si capisce invece e molto bene la bellezza della Sicilia che ha incantato uomini e donne di tutto il mondo. Mi sembra la tesi dell’ultimo libro di Enzo Russo: “Incomprensibile Sicilia”. Non è solamente la bellezza che dà fascino alla nostra isola. Anche il mistero dei siciliani che nella terra patria non amano abbastanza i loro conterranei, puntellando di varietà linguistiche e diversità culturale i luoghi della trinacria. Poi alcuni vanno via e diventano famosi mietendo successi. Gli stessi ritornano e vengono acclamati da quelli che non li stimavano. Cose strane dei siciliani che ad occhi stranieri non sembrano vere. È un fenomeno davvero strano: si odia e si ama la Sicilia decidendo alla fine di andare via. Ma subito dopo se ne prova nostalgia e, malgré nous et tout, si desidera ritornare nella terra del sole, nella terra del mistero. A prima vista sembrerebbe un comportamento dissociato che esprime un chiaro malessere. Cosa sarà mai tale malessere? La consapevolezza di una bellezza paradisiaca che seduce e allo stesso tempo dà fastidio, una sindrome seduttiva che fa girare la testa, quasi una perfezione da stordimento che fa esclamare a tanti turisti: è troppo bella, tanta cultura e tanta arte! Non è possibile! Poi il degrado, la sporcizia, le violenze al territorio, la mafia e tante altre brutture. Come un volere sporcare la troppa bellezza. Fatalisti non direi, né rassegnati. È questo il misterioso fascino della Sicilia e dei siciliani che sono bravissimi a lamentarsi dei propri torti. Viene da pensare: siciliani comunque, nonostante l’essere siciliani. La perfezione non fa per noi. Come una donna che
Basta leggere il primo capitolo del libro “Incomprensibile Sicilia” di Enzo Russo per intuire e capire subito che tale opera, né saggio né altro, dal suo esordio narrativo, è un atto d’amore dello scrittore siciliano nei confronti della sua terra. A proposito dell’opera storico letteraria, diversamente dalle conclusioni di taluni commentatori: né ottimismo, né pessimismo, né fatalismo, né disincanto. Nulla di tutto ciò. E perché Enzo Russo non sa esprimere o non vuole esprimere giudizi sulla sua terra natia? (una delle sue prime opere si intitolava appunto “Nato in Sicilia”). Semplicemente perché lo scrittore di Mazzarino, andato via da giovane, prima a Roma e poi a Monza, ha preso quella giusta distanza dalla sua terra e dai suoi conterranei per narrarne tutte le sue contraddizioni e la sua complessità. Rispetto al mistero e all’enigma magmatico dell’isola, il nostro sviluppa descrizioni e ragionamenti che non intendono fermarsi agli stereotipi, ai pregiudizi e alle conclusioni affrettate di conterranei e forestieri. E se per gli stranieri dominatori o semplici viaggiatori il fascino o la ripugnanza sono cosa ben comprensibile per diversità di vedute e di culture, lo stesso non si può dire per i siciliani che da tanti secoli abitano una terra di meraviglie e di dolcezze naturali. Nelle sue pagine si coglie una punta polemica nei confronti degli scrittori siciliani, troppo presi da quel pessimismo fatalistico che si conia nella frase di Tomasi di Lampedusa: “tutto cambia per non cambiare nulla”. Un pessimismo che sa di rassegnazione e che accetta la realtà