MESSINA – Le mani della mafia nel cemento e nei settori del movimento terra e della produzione di energia verde. La Dia di Messina e il Centro operativo di Catania, a conclusione dell’attivita’ investigativa, culminata nella proposta di applicazione della misura di prevenzione a firma del direttore della Dia Nunzio Antonio Ferla, ha proceduto alla confisca dell’intero patrimonio di Salvatore Santalucia, di Roccella Valdemone (Messina). L’imprenditore e’ ritenuto, nell’ambito di diverse inchieste giudiziarie, il collegamento tra le organizzazioni criminali mafiose attive tra le province di Messina e Catania, per il controllo delle attivita’ imprenditoriali di movimento terra, produzione di conglomerato cementizio e produzione di energia da fonti rinnovabili.
Tra i beni confiscati quattro aziende operanti nei comparti agricoli e dell’allevamento, del movimento terra, della produzione di calcestruzzo e delle costruzioni edili; 326 terreni, ubicati nei comuni di Roccella Valdemone, Gaggi e Castiglione di Sicilia, per complessivi 220 ettari; 23 fabbricati; 26 veicoli e vari rapporti finanziari per 28,5 milioni di euro.
Santalucia e’ stato indicato quale referente per gli appalti nella zona di Roccella Valdemone. Un’attivita’ imprenditoriale, la sua, che ha registrato, nel tempo, un’anomala crescita esponenziale, tanto da guadagnarsi, nel periodo 2003/2010, la partnership con la societa’ Eolo costruzioni Srl, impresa del Gruppo Nicastri – riconducibile a Vito Nicastri di Alcamo – leader in Sicilia nella realizzazione delle opere civili dei parchi eolici. A quest’ultimo, oggetto di accertamenti della Dia di Messina e Palermo perche’ considerato in strettissimi rapporti con il latitante Matteo Messina Denaro, e’ stato confiscato un patrimonio economico per oltre 1,5 miliardi di euro.
Il patrimonio sottoposto a confisca era gia’ stato oggetto di sequestro da parte della Dia con tre distinti provvedimenti eseguiti tra il dicembre 2015 e il marzo 2016. Santalucia, noto negli ambienti criminali con l’alias “Turi Piu”, e’ implicato in varie operazioni di Polizia e risulta strettamente legato alle cosche Santapaola di Catania – attraverso esponenti di vertice del clan Brunetto, attivo nel versante jonico della provincia etnea – e a quella barcellonese, come confermato dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Carmelo Bisognano.