I Fatti di Etico: “populista a chi?”

Secondo quanto riporta Wikipedia il populismo è considerato dalla cultura moderna italiana un atteggiamento culturale e politico che esalta in modo demagogico e velleitario il popolo, sulla base di principi e programmi generalmente ispirati al socialismo, in contrapposizione alle origini storiche del significato del termine. Il populismo può essere sia democratico e costituzionale, sia autoritario. Nella sua variante conservatrice è spesso detto populismo di destra.

Una chiave di lettura rigorosamente di sinistra evidenzia che il populismo a volte, anzi spesso, viene usato come sinonimo di demagogia, altre volte per identificare quei movimenti politici che, cavalcando l’onda del malcontento popolare verso la classe dominante, tentano di effettuare un ricambio politico a proprio favore usando un linguaggio aggressivo che risulti di facile presa sulla popolazione. Un populista in pratica inganna la popolazione, una popolazione disinformata, ignorante e frammentata da manipolare in ogni modo.

Dice l’intellighenzia di sinistra che solitamente il populismo è una forma di attrazione del consenso fondata sulla brutale semplificazione della realtà: il politico che fa del populismo cerca di arrivare alla “gente” con messaggi facili da comprendere, che toccano interessi diffusi, accompagnandoli spesso da un moto di indignazione e scandalo per una qualche ingiustizia che altri competitori politici avrebbero perpetrato ai loro danni.

Che gli interessi toccati dai messaggi populisti siano effettivamente quelli del popolo, è indifferente: l’importante è che il popolo ci creda.

Il populismo è quindi una banalizzazione della complessità e, dunque, una presa in giro bella e buona. Di solito, è più facile fare del populismo quando non si governa: si raccolgono i malumori del popolo, li si interpreta anche a discapito di un’analisi puntuale delle loro ragioni e li si gonfiano, al fine di rappresentare l’insostenibilità della condizione data (nonché l’inadeguatezza dei governanti in carica) e la necessità di cambiare.

Un punto di vista tipicamente di sinistra quello esposto che fa a pugni soprattutto con la storia se è vero, come è vero, che una lettura più attenta della storia fa risalire le origini del termine “populismo” a un movimento contadino russo del 1850. La nascita del populismo è riconducibile ai disordini tra i contadini nella Russia e nella Polonia di quegli anni, esasperate dalle loro condizioni di semi-schiavitù e dagli sforzi propagandistici fatti per sobillarli. Quindi in origine il termine populismo indica un’ideologia secondo la quale la liberazione delle masse dal regime zarista passa proprio dalla propaganda di massa.

Per decenni la sinistra “illuminata” ha usato il termine populismo per attaccare la destra. Inizialmente è stata usata in senso polemico contro politici come Margaret Thatcher in Gran Bretagna e Ronald Raegan negli Stati.

Fino ad arrivare ai giorni nostri quando tale parola viene non spesso ma sempre associata a movimenti e schieramenti come il Front National in Francia, il Freiheitliche Partei di Jorg Haider in Austria e la Lega Nord in Italia non dimenticando tutti coloro che provengono da Alleanza Nazionale e in ultimo anche i grillini.

Chiaramente differente il punto di vista della destra sociale che afferma invece che la democrazia è per il populismo quella in cui il popolo, il suo popo­lo, recupera la sovranità “usurpata” da élite politiche o sociali sottrattesi al suo controllo e trasformatesi perciò in oligarchie. La democrazia che la destra  populista invoca, infatti, promette di essere espressione diretta del popolo, priva delle intermediazioni della classe politica e delle istituzioni rappresentative, che esso suole indicare come trappole o inganni formali: libera da vincoli politici, la democrazia dei populisti potrà tornare ad essere ciò che essi pensano debba essere e sia: un fenomeno squisitamente sociale.

E’ fin troppo evidente che le due posizioni mal si coniugano con la realtà, l’amara realtà dei nostri giorni, che invoca giustizia ed equilibrio a qualsiasi livello per cui i due punti di vista diventano soprattutto conflitti dialettici che fanno male alla democrazia e al nostro popolo.

Da un lato infatti si abusa col termine populismo poiché chi detiene il potere ritiene di essere onnipotente, depositario di qualsiasi verità, chiudendosi a riccio e offende coloro che legittimamente rappresentano i disagi e il malessere del popolo e dall’altro si esagera con quella che ormai comunemente chiamiamo demagogia, calcando la mano su aspetti che obiettivamente non risolvono un ben nulla ma che soddisfano la fame di vendetta dei cittadini oppressi.

Il risultato dell’ultimo referendum è la perfetta rappresentazione di quanto detto. Quel NO così massiccio è una risposta del popolo alla casta. Il quesito referendario non c’entra proprio nulla. Ma sono interessanti le successive reazioni. Da sinistra: è stato un voto populista. Da destra: la democrazia è stata salvata dal popolo.

Il dato che emerge è che, il cosiddetto populismo, non ha preferenze riguardo alle procedure politiche: adotterà quelle che riterrà più adatte allo scopo, o più prosaicamente quelle che il contesto gli offre per imporsi. Come insegna la storia.

Ma è il popolo sovrano che ha usato il referendum per far sentire la sua voce.

Oggi per coloro che governano, piegati alle imposizioni di altri e ben lontani personaggi della politica europea il popolo ne è diventato una spina nel fianco; li chiamano populisti offendendoli; li considerano incolti e trogloditi ma di fatto trattasi di reazione scomposta e antidemocratica a chi ne contesta la legittimità e ne mette in rilievo limiti e debolezze.

In pratica ci risiamo, siamo tornati alle posizioni, anzi alle contrapposizioni fra la sinistra radical chic, quella dei salotti buoni, delle buone letture, di quelli che dicono di “leggere Kant mentre gli altri guardano la tv” (Umberto Eco dixit) e la destra stracciona e appunto populista, infarcita di buzzurri e “gente imbecille”(Dario Fo dixit).

Ma la sinistra, questa sinistra che si definisce liberal, progressista, aperta a tutti, fautrice di dialogo e coesione, docente di immigrazione e integrazione ma davvero non riesce a integrare e compattare gli italiani verso il bene comune? Capace di dividerli, offenderli e mortificarli al punto tale di farsi schiacciare da milioni di italiani che in un moto d’orgoglio col petto in fuori e fare minaccioso hanno detto: “populista a chi”?

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