Nel cammino della quaresima siamo a metà. La Chiesa, ipotizzando, ma nel passato era una constatazione veritiera, che i cristiani seriamente compresi del significato e della importanza della quaresima, hanno fatto qual cosa in più del solito dedicandosi alla preghiera , a gesti di carità e alla penitenza, propone una pausa, quasi … la “ricreazione” che spezza il senso di austerità e lo spirito penitenziale, e chiama questa domenica, Laetare, cioè rallegrati, (ripòsati). Non sappiamo, però, quanto tutto questo, abbia riscontro nella vita dei cristiani ! Rallegratevi perché siamo a “metà dell’opera” e anche perché si avvicina la festa di Pasqua, quando la gioia sarà piena, con la rinnovata memoria della Risurrezione. La liturgia, con la pagina evangelica in particolare, invita a considerare il “tema “ della luce. Lo fa con il racconto del miracolo del cieco nato. Un episodio gustosissimo, splendido nella composizione, glorioso nello svolgimento della vicenda. Drammatico nel contrasto verbale del dibattito, arguto e ricco di insinuazioni umoristiche, sottili e pungenti, nell’ironia, da un lato ) quello del cieco) malizioso e risentito e umiliato dall’altro ( quello dei farisei) . Un giovane, cieco fin dalla nascita, ha la fortuna di trovarsi vicino alla piscina di Siloe quando passa Gesù. I discepoli si soffermano e si chiedono, con senso di compassione: di chi è la colpa perché questo giovane nascesse cieco . Una errata convinzione diffusa tra il popolo faceva pensare che in casi simili qualcuno doveva essere colpevole.Gesù rifiuta questo modo di pensare e dice : questo accade perché si manifesti la gloria di Dio. E lo guarì. Un miracolo clamoroso. I farisei restano turbati. Il miracolo era un segno della vera identità di Gesù: Egli è il figlio di Dio, che chiede al cieco : Tu credi nel figlio di Dio ? E chi è , Signore ? Sono io che ti parlo. E’ il miracolo della luce: di quella che vince la cecità del corpo, e di quella dello spirito che conduce alla fede. Gesù ha parole dure contro coloro che pur avendo l’occasione di “ accedere” alla luce della fede, la rifiutano. Non resta che chiederci se anche noi siamo disposti a cercare la luce della fede. Se siamo dei cristiani “effettivi” o soltanto “provvisori”, fragili, pronti a rinnegarla nella concretezza della vita. C’è da discriminare tra quelli che non vedono ma desiderano vedere, e quelli , superbi, infatuati, o magari solo negligenti, che credono di vedere ma brancolano nel buio. A noi Gesù potrebbe chiedere : E tu credi, nel figlio di Dio ? Ed, eventualmente, sarebbe sincera la risposta ?