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L’intervista. Peppino Mancuso: “Caltanissetta ingrata, ma quanto ti amo…”

Michele Spena

L’intervista. Peppino Mancuso: “Caltanissetta ingrata, ma quanto ti amo…”

Mar, 21/03/2017 - 00:10

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21CALTANISSETTA – “Mia nonna è morta a 103 anni, quindi…”. Giura consapevolmente di essersi fermato, ma chi lo conosce scommette che sarebbe pronto per l’ennesima campagna elettorale, a battagliare ancora. Eccolo qui il giovincello a un passo dai 90 anni – è nato il 30 aprile del 1927 – con uno sfegatato tifo per l’Inter, che fa l’avvocato per passione e divide l’amore per la famiglia con un’amante tutt’altro che clandestina. La sua Caltanissetta. Piacere, Peppino Mancuso. Primo sindaco post fascista di Caltanissetta eletto dal popolo il 6 dicembre 1993 dopo la bufera di Tangentopoli e rimasto in carica fino al 15 dicembre 1997. E mai più rieletto. Nonostante ci abbia ritentato nel 1997, poi nel 1999 e l’ultima volta nel 2004. “I love you Peppino”, gli dicono ancora oggi i nisseni. Osannato dai sondaggi virtuali, se si tornasse alle urne oggi. Ostenta una lucidità  politica invidiabile. E che nonostante le sberle elettorali, non mostra rancore verso i cittadini.  Peppino, l’amante tradito, riesce a dare ancora iniezioni di ottimismo per far rialzare una città in agonia. Schiaffata dalle classifiche nazionali agli ultimi posti in tema di vivibilità. Quando Gianfranco Fini, l’odiatissimo segretario del Movimento Sociale Italiano, perdeva a Roma contro Rutelli e la Mussolini masticava amaro a Napoli nella sfida con Bassolino, Peppino stappava lo spumante. Uno dei cinque sindaci d’Italia che all’epoca andarono a governare per la prima volta i Comuni.

Da fascisti purosangue siete passati dalle fogne ad amministrare le città…

Fini, purtroppo, era il segretario del mio partito. Non lo stimavo, ma i risultati e la storia mi hanno dato ragione. Non voleva che presentassimo il sindaco, fu la base a volere la mia candidatura. Quando venni eletto, però, ebbe il coraggio di andare in tv e vantarsi che la destra aveva conquistato il Comune di Caltanissetta.

Sempre in contrasto con Fini, mentre con Giorgio Almirante avevate molto feeling.

Già, non esistono più leader come lui. Avevamo un rapporto fraterno, resistevo a dargli del tu. Con la moglie, donna Assunta, ci sentiamo spesso e ricordiamo i bei tempi. Almirante spesso era ospite a casa mia quando girava per le campagne elettorali in Sicilia. Ero deputato all’Ars e una volta affissi un manifesto contro i nisseni che definii ‘popolo bue’ perché non reagiva a una delle più drammatiche crisi idriche. Mi chiamò per dirmi che non dovevo offendere la città, ma gli risposi che i miei concittadini erano consapevoli di meritarsi questo epiteto.

E poi ne fece stampare un altro ironizzando sulla prolifica industria dei bidoni. Ma dopo 40 anni i rubinetti continuano a restare a secco.

Devo dire che i nisseni se lo meritano. Ero stato da poco eletto sindaco e mancò l’acqua. Con tutta la Giunta partimmo a notte fonda per Palermo per incontrare il presidente della Regione, Matteo Graziano. Fummo fermati dalla sicurezza all’ingresso di Palazzo d’Orleans. Allora ritornai in auto, misi la fascia Tricolore e tentai di entrare con la forza. I poliziotti minacciarono di arrestarmi. Sarei stato felice se mi avessero ammanettato per una valida causa. Un commissario di Caltanissetta mi riconobbe e mi fece entrare. Parlai col presidente e mi promise che l’acqua non sarebbe mancata più. E per tre anni fu così. Oggi è una vergogna, per sette giorni sono rimasto senz’acqua eppure mandano le bollette. Ma nessuno protesta, alza la voce?

Eppure i nisseni l’hanno punita alle urne, un amore non contraccambiato. Non le fa rabbia?

Certo che mi arrabbio. Oggi mi fermano per strada per dirmi che avevo lavorato bene, ma allora mi mandarono a casa a calci nel sedere. Quanta ingratitudine…

D’accordo, avvocato. Il popolo sarà stato ingrato ma resta sempre sovrano. A proposito, come la trova Caltanissetta?

Mi dispiace dover constatare che la città è andata indietro. Ho letto le ultime classifiche, quando governavo io era molto più in cima. Non voglio elogiarmi, ma di certo non l’ho lasciata così.

Mancuso tutti i giorni va allo studio di Corso Umberto, ha trasmesso la passione per la toga ai figli Salvatore e Francesca. “Mi ci vede buttato in poltrona a guadare la Tv? Recentemente ho subìto un intervento alla cataratta. Non mi lamento per la salute, anzi ringrazio il Padreterno che mi consente di vivere ancora. Mia nonna è morta a 103 anni, ma io non aspiro a tanto…”,  aggiunge con la solita ironia. Non ha Twitter, Peppino. I cinguettii d’effetto della politica 2.0 non fanno parte del suo verbo.  Per lui parla Confucio. “Venga il freddo, e allora si saprà che cipressi e pini non perdono le foglie”, è il suo mantra incorniciato alle spalle della scrivania.

Insomma avvocato, ci sono speranze di crescita per la città e i nisseni?

Assolutamente sì. Qualcuno mi ha chiesto come riuscissi ad amministrare bene. Ho risposto che basta semplicemente amarla.

Che colpe ha la politica? Scarse idee e zero autorevolezza?

Chi amministra e la riduce così e non fa nulla per risollevarla, vuol dire che non la ama. Mi viene difficile pensare che non si ami un luogo in cui si vive.

Salga in cattedra e dia le pagelle ai suoi successori. Voti da 1 a 10 l’operato di Messana, Campisi e Ruvolo.

La prego, non mi faccia dire cosa penso. No comment.

Dica la verità. Basta soltanto l’amore per amministrare? Suggerimenti per chi governa?

Ci vuole anche tanto impegno. La mia Amministrazione riuscii a responsabilizzare gli impiegati. È fondamentale partire dal meccanismo che muove gli ingranaggi della città. Durante un’assemblea dissi loro: amate la città in cui fate crescere i vostri figli e i nipoti. Loro ci giudicheranno.

Immagino abbia qualche rimpianto. Progetti rimasti sulla carta?

Ho sperato nel recupero delle miniere. Altro rammarico è non essere riuscito a riaprire la chiesa di Santa Maria degli Angeli. In quella battaglia mi trovai affianco la compianta Nuccia Grosso, mi suggerì molte idee.

Parliamo dei successi della sua Giunta. Dopo anni di oblio, il Teatro Margherita rivide la luce.

Sì, era il mio chiodo fisso. Accelerammo l’inaugurazione e superammo diversi intoppi burocratici, nonostante le critiche dell’allora pm Ilda Boccassini che lamentava la mia duplice veste di avvocato e sindaco. Mancava il nulla osta dei vigili del fuoco e temevo qualche conseguenza per eventuali irregolarità, così andai dal procuratore che mi rassicurò. ‘Faccia quello che deve fare, so che è una persona onesta’, mi disse.

Parliamo di politica nazionale. Dia un giudizio sulla Destra italiana.

Non ha l’entusiasmo che avevamo noi fascisti. Avevamo un moto diverso che ci animava. La nostra Destra non è quella di Salvini, né di Berlusconi. La trovo molto peggiorata. Noi parlavamo al cuore, loro alla pancia.

 Renzi è un finto leader di sinistra o un vero democristiano?

È un vero democristiano. Non mi è del tutto antipatico ma ha molta passione. Forse ha l’entusiasmo che avevo io. Secondo me sta cercando di fare il possibile per l’Italia. Ma al referendum ho votato no.

Se le faccio il nome di Mario Arnone, cosa mi risponde?

Era un comunista che amava la città come la amo io. Era una persona onesta, un intellettuale serio. Nonostante militassimo in partiti diversi, spesso in Consiglio comunale eravamo quasi sempre d’accordo. Il dialogo era il bello della politica di quei tempi. Ho provato tanto dolore quando è morto.

La provoco. Se avesse davanti Fini, cosa gli direbbe?

Non lo farei neanche entrare a casa mia. È un uomo che si è comportato male, anche nella vita privata.

Progetti per il futuro ne ha? Rivolga un appello ai nisseni tentati tra restare qui e andare via.

Io purtroppo futuro non ne ho, ma ho la speranza di poter vedere risorgere la mia amata città. I nisseni aiutino chi amministra. Bisogna restare qui e combattere.

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