PALERMO – Dopo Giuseppe Salvatore Riina, sul quale sono piovuti gli strali ecclesiastici per aver fatto da padrino di battesimo della nipotina, la giustizia ordinaria cita a giudizio il cugino Leoluca Grizzaffi, sempre per motivi che hanno a che vedere con cerimonie religiose, ma che avrebbero implicazioni anche penali: l’uomo risponde infatti del reato di turbamento delle manifestazioni religiose, per la vicenda dell’inchino della “vara” di San Giovanni Evangelista durante una processione tenuta a Corleone (Palermo) nel maggio scorso. La citazione – che equivale al rinvio a giudizio – e’ stata decisa dal procuratore di Termini Imerese, Alfredo Morvillo, e dal sostituto Giovanni Antoci: Grizzaffi, che e’ imparentato con la moglie di Toto’ Riina, Ninetta Bagarella, dovra’ comparire davanti al giudice monocratico del tribunale termitano il 20 marzo.
Secondo la ricostruzione dei magistrati, Grizzaffi, che fa parte della congregazione intitolata al santo, avrebbe fatto in modo che la processione deviasse dal percorso ordinario e facesse una tappa e una fermata non prevista in via Scorsone, nei pressi dell’abitazione della Bagarella (che e’ anche sorella del superkiller Leoluca). La donna pero’ in quei giorni del maggio 2016 sarebbe stata assente da Corleone, perche’ a Padova, proprio dal figlio Giuseppe Salvatore, detto Salvuccio, in questi giorni di nuovo assurto agli ‘onori’ delle cronache per avere fatto da padrino di battesimo alla figlia della sorella Lucia. Cosa che, secondo l’arcivescovo di Monreale, Michele Pennisi, non e’ consentita dalle regole del diritto canonico, dato che “Salvuccio” Riina e’ stato condannato per mafia ed e’ per questo automaticamente scomunicato. Lo stesso Pennisi, che era gia’ insorto lo scorso anno, per la vicenda dell’inchino, sul battesimo ha chiesto spiegazioni a don Vincenzo Pizzitola, il parroco della Chiesa Matrice di Corleone, che ha officiato la cerimonia, tenuta in forma strettamente privata, il 29 dicembre scorso. Pizzitola ha risposto che Riina, che ha scelto di vivere a Padova, dove e’ in regime di liberta’ vigilata, aveva il permesso di un giudice veneto per andare a Corleone durante il periodo natalizio: dal punto di vista religioso, aveva presentato un certificato di idoneita’, consistente nell’attestazione di aver ricevuto il sacramento della cresima, da un prete della diocesi di Padova.