CALTANISSETTA – RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO. Italia, gennaio-febbraio 2017. Riesplode l’annosa polemica sull’italiano ignorato. Offeso. Ma è sbagliato prendersela con gli insegnanti. Non è certo colpa nostra se le scuole sono state ridotte a surreali aziende a caccia di clienti. E neanche gli atenei sono innocenti. Sia chiaro.
Di sicuro i governi di questi ultimi due decenni hanno quasi distrutto la scuola pubblica, come non è accaduto in nessun altro Paese d’Europa. Secondo i rapporti dell’Ocse l’Italia è ultima in Europa per istruzione terziaria dei giovani: solo un 25 per cento contro una media del 42. Siamo diventati il primo Paese per numero di giovani che non studiano e non lavorano (NEET) con un tasso del 27,4 per cento, contro una media europea del 14. Abbiamo pochi laureati anche rispetto ai paesi più poveri del Sud o dell’Est Europa, eppure i pochi non trovano lavoro (38 per cento dei disoccupati) o sono sotto occupati. Nell’ultimo decennio l’Italia è la nazione dell’Ocse che ha più disinvestito in istruzione e ricerca. Qualcuno dirà «c’è la crisi, mancano i soldi». Fandonie. Negli stati seri l’istruzione è il primo investimento anti congiunturale. E infatti dal 2008 le nazioni dell’Ocse hanno aumentato la spesa pubblica nell’università in media del 22 per cento, mentre nel nostro è scesa del 10. Si è tagliato nella scuola pubblica sette o otto volte più che nella sanità o nella burocrazia. La spesa media per studente è scesa a 10 mila euro, meno della metà che in Usa o Gran Bretagna.
Tutto questo in un Paese che soffre di uno dei più alti tassi di analfabetismo funzionale del mondo. La metà degli italiani non è in grado di comprendere un testo semplice di poche righe. Dove pensiamo di andare con queste cifre? L’Italia non scoprirà il petrolio trivellando il suo mare, non fabbricherà le auto elettriche del futuro ed è fuori dalla produzione dell’alta tecnologia. Cultura, istruzione, formazione: da qui bisogna ripartire. Adesso, senza perdere altro tempo. I governi stanno uccidendo la scuola pubblica, una riforma dopo l’altra. Le cosiddette opposizioni pensano ad altro. Qualcuno potrebbe citare una proposta sull’istruzione da parte di Grillo o di Salvini? Genitori, studenti, insegnanti di tanto in tanto protestano. Ma, probabilmente, non è abbastanza. Ci vorrebbe una rivoluzione. Una rivoluzione culturale e politica. Non l’ennesima falsa riforma.
POSCRITTO. E’ giusto aggiungere a queste note amare ma inoppugnabili che la scuola pubblica italiana va avanti dignitosamente, malgrado tutto, grazie all’impegno e alla dedizione di tantissimi dirigenti e insegnanti. Dirigenti e insegnanti seri e preparati, generosi. Questo impegno – è evidente – troppo spesso non è sufficiente per realizzare una buona scuola.
Leandro Janni