AGRIGENTO- Sigilli per 16,5 milioni di euro. La Guardia di finanza di Agrigento ha posto sotto sequestro il patrimonio immobiliare della Hopaf Srl di Porto Empedocle, societa’ immobiliare a suo tempo amministrata da Giuseppe Burgio, l’imprenditore agrigentino arrestato lo scorso ottobre nell’ambito dell’operazione “Discount”. L’arresto di Burgio, noto e controverso imprenditore agrigentino, era avvenuto in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dall’autorita’ giudiziaria che adesso si e’ espressa sul decreto di sequestro. Le quote societarie erano gia’ state sequestrate su provvedimento del Tribunale per le imprese di Palermo a seguito dei fallimenti che coinvolsero le societa’ attive nel settore della grande distribuzione organizzata e gia’ sottoposta ad amministrazione giudiziaria; le uniche operazioni svolte dalla societa’ sono quelle di affitto del centro commerciale “Le rondini”, a Porto Empedocle. Gli immobili sono tre a destinazione residenziale, uno sito a Palermo e due ad Agrigento, in via Minerva, dove Burgio risiedeva, e due a destinazione commerciale (uno a Porto Empedocle e l’altro a Gela). Il loro valore e’ stimabile in oltre 16,5 milioni di euro.
Tali immobili, oltre ad essere il frutto delle ipotesi di bancarotta fraudolenta, venivano utilizzati per protrarre la commissione del reato mediante la rappresentazione contabile di un valore sovrastimato rispetto a quello reale. Tramite false rappresentazioni contabili di questo tipo Burgio ed i suoi piu’ stretti collaboratori erano infatti risusciti a procrastinare indebitamente la dichiarazione di fallimento di quattro societa’, di cui la piu’ strutturata era il Centro distribuzioni alimentari Spa, vera e propria piattaforma logistica per i supermercati di livello provinciale, con danni ai creditori per quasi 50 milioni di euro, e distrazioni direttamente imputabili a Burgio per oltre 13 milioni di euro. E cio’ senza considerare l’enorme numero di lavoratori impiegati presso i numerosi centri commerciali che in tale contesto persero il proprio posto di lavoro a causa delle spregiudicate politiche aziendali e di bilancio del proprio datore di lavoro, il quale oltretutto notoriamente si vantava, gia’ dall’inizio degli anni 2000, di avere intrapreso una forma di collaborazione con l’autorita’ giudiziaria; collaborazione che, in realta’, come in seguito fu giudizialmente dimostrato, era motivata proprio dal timore che le proprie societa’ fossero sottoposte a misura di prevenzione patrimoniale dopo il suo primo arresto, avvenuto nel 1999 (nell’ambito dell’operazione “Grande Oriente”). A distanza di anni e’ scattato il sequestro tanto temuto.