CALTANISSETTA – “Ancora oggi, dopo 24 anni e mezzo, la ricostruzione di come e’ andata la strage di via da Amelio e’ un film che si perde nel momento clou. La ultima scena e’ la uomo nero e poi si chiude il sipario. La strage di via D’Amelio non e’ stata fatta solo da Cosa nostra, ma anche da apparati dello Stato”. E’ quanto ha affermato l’avvocato Fabio Repici, legale di parte civile di Salvatore Borsellino, a conclusione del suo intervento nell’ambito del processo “Borsellino quater”. L’uomo nero, sarebbe quella persona rimasta senza un nome e richiamato dalle dichiarazioni di Gaspare Spatuzza, nella parte in cui parla della presenza di una persona non appartenente a Cosa nostra nel garage di via Villasevaglios dove venne preparata l’autobomba usata in via D’Amelio. Repici ha chiesto, oltre al risarcimento dei danni, la condanna solo per quattro dei cinque imputati del processo. “Sarebbe immorale – ha proseguito – chiedere la condanna per Vincenzo Scarantino”, il falso collaboratore di giustizia che con le sue dichiarazioni avrebbe dato il via al depistaggio. Scarantino “e’ stato l’unico che in aula ha chiesto scusa. Ha subito delle torture da parte di uomini dello Stato, affinche’ confessasse il ruolo ricoperto nella strage di via d’Amelio. Ma quelli non sono uomini, ma banditi” Repici, ha definito l’ex capo della Squadra mobile “il principe del depistaggio. I suoi uomini, chiamati a deporre si avvalsero della facolta’ di non rispondere”. Il processo riprendera’ il 6 febbraio con le arringhe dei difensori degli imputati.