La liturgia della messa di oggi ci propone delle pagine splendide e consolanti, eppure, esposte al rischio di fraintendimenti. Nel senso che il significato sembra diventare passibile di ogni interpretazione. E potrebbe venirne fuori un discorso non rispondente al vero intendimento della liturgia. Dobbiamo stare attenti che stiamo parlando della pagina più bella del vangelo, più ricca di contenuto, più fondamentale per tutto l’annuncio della novità di Gesù. Cristo: le beatitudini. Non a caso il discorso è posto all’inizio del suo ministero. Se si deve parlare di “ribaltamento”, operato dalla predicazione di Gesù, bisogna intenderlo come il linguaggio nuovo, lo stile diverso del vivere, la mentalità più innovativa di interpretare la vita. Sappiamo quale è la mentalità mondana, o umana, e perciò non si può restare impassibili dinanzi alle affermazioni di Gesù, che la contrastano aspramente; ad ogni parola un sussulto. Parla della vita di questo mondo, o di quella che sarà ? Vuole certo parlare di felicità “ beati “ , dell’uomo. E’ possibile raggiungerla anche qui in terra , malgrado le sofferenze, le ristrettezze economiche, le persecuzioni, le ingiustizie ? O vuole dire che coloro che sopporteranno tutti questi dolorosi problemi, “poi” di là, “saranno” beati ? Il profeta aveva annunciato che il Messia sarebbe venuto a “consolare gli afflitti, annunciare la libertà ai prigionieri, curare i contriti di cuore”. Li avrebbe resi idonei a sopportare tante angustie, in attesa di trovare “poi” la beatitudine, nel regno dei cieli. Quello che “verrà”. Che è per loro; lo possederanno, ne avranno diritto. Ecco la luminosa speranza che rischiara le ombre oscure delle umane tribolazioni, quando riceveranno la grande ricompensa nei cieli. Dunque si parla del “dopo”. Il profeta Sofonia, nella prima lettura, si ferma, invece, ancora “ di qua” . Dopo aver parlato dell’intervento rigoroso di Dio contro il popolo ribelle e peccatore , vuole risvegliare la fiducia e la speranza, perché Dio è misericordioso, e quelli del suo popolo che si conserveranno umili e ubbidienti, impegnati ad osservare la giustizia e l’umiltà, saranno al riparo dell’ira del Signore. Questa porzione di popolo, il “resto di Israele” godrà della benevolenza del Signore, non commetterà più iniquità, non proferirà menzogna, non avrà un parlare fraudolento, potrà ”pascolare e riposare” senza essere molestata. Una luminosa speranza, anche per noi, ancora qui, vivi, superstiti, se impegnati nella pratica della virtù e il rispetto della legge del Signore e delle persone bisognose di fraterno sostegno. Più luminosa ancora sarà quella che splende nel regno dei cieli, ricompensa generosa del pianto o della mitezza, della persecuzione o dell’impegno per la pace, del gioioso distacco dai beni terreni o della purità di cuore. Riflettere e adeguare la propria vita, a queste verità, diventa il messaggio più impellente per i cristiani .