CATANIA – L’operazione ‘Penelope’ della Polizia di Stato ha consentito di sequestrare societa’ e beni per 10 milioni di euro e di evidenziare la piena operativita’ della cosca Cappello-Bonaccorsi che risulta strutturata su piu’ livelli, ovvero su un gruppo di comando e da diverse squadre organizzate, dirette sul territorio dal “responsabile per la citta'”, con riguardo alle attivita’ criminali condotte nella citta’ di Catania, e dal “responsabile per i paesi”, in particolare per la “piana di Catania, nel comprensorio del calatino e nell’hinterland pedemontano. Nella fase iniziale delle indagini e’ stato rilevato l’interesse della cosca per il settore delle energie rinnovabili, con particolare riferimento alla realizzazione di impianti fotovoltaici nella zona di Belpasso a opera di un’azienda del Nord Italia. L’imprenditore lombardo, aveva ottenuto l’interessamento dell’organizzazione per recuperare un presunto credito da un’impresa locale, superiore a 6 milioni di euro. Tali rapporti non solo avevano consentito all’organizzazione mafiosa di infiltrarsi nell’attivita’ di impresa, ma avevano consentito a esponenti della cosca di richiedere ed ottenere, a titolo di protezione, somme di denaro corrisposte in occasione delle festivita’ natalizie e pasquali. Le indagini hanno inoltre evidenziato l’estensione degli interessi criminali della cosca nelle province di Siracusa, Enna e Caltanissetta, attraverso consolidati rapporti con pregiudicati locali, finalizzati all’investimento di capitali ed al traffico di sostanze stupefacenti. Sono inoltre emersi alcuni episodi di “recupero crediti” caratterizzati dall’utilizzo del metodo mafioso, sulla scorta del quale il privato creditore puo’ farsi forte dell’appoggio di terze persone di caratura criminale al fine di recuperare i propri crediti, con modalita’ pertanto alternative agli ordinari rimedi di tipo giudiziale. Un’attivita’ che consentiva all’organizzazione non solo di acquisire somme di denaro, corrispondenti in genere alla meta’ dell’importo del credito recuperato, ma anche di stringere rapporti con l’imprenditore o il commerciante che si erano avvalsi dell’apporto del clan, ai quale potevano essere chiesti favori anche in termini di assunzioni. Emersa la propensione del gruppo mafioso a investire i capitali acquisiti illecitamente in attivita’ imprenditoriali e commerciali, e di infiltrarsi nel tessuto economico e sociale, anche attraverso l’appoggio di una vasta rete di imprenditori, uno dei quali attivo nel settore della raccolta e smaltimento dei rifiuti attraverso aziende a lui riconducibili, sebbene intestate a prestanome, quali la Geo Ambiente srl, la Clean Up srl e la Eco Businnes srl, aggiudicatarie negli anni diversi appalti nelle province di Siracusa e Ragusa – tutte sequestrate – al quale e’ stata stata contestata l’appartenenza all’associazione mafiosa.
Con la Geo Ambiente Srl, Giuseppe Guglielmino era peraltro riuscito a ottenere l’affidamento di lavori in alcuni comuni della regione Calabria, subendo il 28 ottobre 2012 il danneggiamento a seguito di incendio di due camion. Di quanto accaduto si era subito interessata l’organizzazione mafiosa di appartenenza che, attraverso l’intervento di Santo Strano, aveva garantito la prosecuzione dell’attivita’ senza ulteriori problemi. Sono trenta le persone raggiunte dall’ordinanza del gip nel corso dell’operazione Penelope, una sola quella sfuggita alla cattura. Chiaro il ruolo Maria Rosaria Campagna, 48 anni, domiciliata a Napoli e’ ritenuta dagli investigatori della Squadra Mobile l’anello di congiunzione tra il capo del clan Salvatore Cappello, detenuto perche’ condannato in via definitiva all’ergastolo a Napoli e i vertici operativi di Catania, citta’ nella quale la donna frequentemente si recava. il Gip intercettando la Campagna ha ritenuto provato, nonostante lo stato detentivo in cui si trova da anni Cappello, il suo ruolo di capo indiscusso dell’omonima organizzazione mafiosa, dando direttive agli affiliati: il giudice non ha tuttavia adottato alcun provvedimento cautelare per Cappello in quanto e’ condannato con sentenza passata in giudicato all’ergastolo. Nel corso delle indagini la polizia ha riscontrato che dal 2012 al 2014 la piena operativita’ della cosca strutturata su piu’ livelli. Vi era un gruppo di comando – composto da Santo Strano, Giovanni Catanzaro, Giuseppe Salvatore Lombardo, Salvatore Massimiliano Salvo e Calogero Giuseppe Balsamo – e da diverse squadre organizzate, dirette sul territorio dal Salvo – “responsabile per la citta'” – con riguardo alle attivita’ criminali condotte nella citta’ di Catania e dal Balsamo – “responsabile per i paesi” – in relazione alle attivita’ criminali condotte nel territorio extraurbano, specie nella zona della cosiddetta “piana di Catania”, nel comprensorio del calatino e nell’hinterland pedemontano. Ai primi tre e’ stato contestato il ruolo di promotori, mentre a Salvatore Massimiliano Salvo e Calogero Balsamo quello di organizzatore del clan. Il traffico di droga tra le attivita’ illecite: veniva gestito nel territorio extraurbano da Calogero Giuseppe Balsamo che al figlio Salvatore, immetteva la droga nel circondario di Ramacca e di Motta Sant’Anastasia, cedendola in grossi quantitativi a soggetti fidati per la successiva vendita al dettaglio, mentre in citta’ il traffico di sostanze stupefacenti veniva controllato da Giovanni Catanzaro e Salvatore Massimiliano che in citta’ si avvalevano di Tommaso Tropea e Mario Ventimiglia.
Questi gli arrestati: Calogero Giuseppe Balsamo, 57 anni, Massimiliano Balsamo, 42 anni, Salvatore Balsamo, 32 anni, Giovanni Bruno, 59 anni, Sebastiano Calogero, 32 anni,, inteso “u picciriddu”; Andrea Cambria, 54 anni, gia’ detenuto per altra causa presso la Casa Circondariale di Agrigento; Maria Rosaria Campagna, 48 anni, Giovanni Catanzaro, 52 anni, inteso “u milanisi”; Carmelo Di Mauro, 31 anni, Orazio Di Mauro, 35 anni, Carmelo Giannino’, 54 anni, Domenico Greco, 32 anni, inteso “u ciociu”; Giuseppe Guglielmino, 43 anni, gia’ sottoposto agli arresti domiciliari per altra causa; Carmelo Licandro, 46 anni, inteso “Melu fungia”; Giuseppe Salvatore Lombardo, 50 anni, inteso “Salvuccio ‘u ciuraru”, Sorvegliato Speciale di P.S; Mario Lupica, 51 anni, Emanuele Giuseppe Nigro, 35 anni, Giuseppe Palazzolo, 51 anni, inteso “Pippo ca’ lente”; Giuseppe Piro, 26 anni, Giovanni Matteo Privitera, 50 anni, inteso “Peri ‘i iaddina”; Antonio Fabio Rapisarda, 30 anni, gia’ detenuto per altra causa presso la Casa Circondariale di Catania-“Piazza Lanza”; Giuseppe Ravaneschi, 48 anni, inteso “Pippo pilu russu”; Claudio Calogero Rindone, 36 anni, Salvatore Massimiliano Salvo, 35 anni, inteso “Massimo ‘u carruzzeri”; Antonio Scalia, 30 anni, Santo Strano, 51 anni, inteso “facci ‘i palemmu”, gia’ detenuto per altra causa presso la Casa Circondariale di Voghera (Pavia); Tommaso Tropea, 53 anni, inteso “Racci”; Mario Ventimiglia, 31 anni, Sebastiano Vinci Luigi, 42 anni, Nunzia Zampaglione, 40 anni, intesa “Nancy”.