Stato-mafia, Mori: “Io spiato da buca serratura, tante scorrettezze”

PALERMO – “Il tenente colonello Giraudo ha proceduto ad una monumentale raccolta di dati e documenti relativi alla mia storia personale. Spiando dal buco della serratura, e’ riuscito a prendere in esame anche aspetti relativi alla mia vita privata, ultronei quindi alla mia attivita’ professionale, che di certo non mi mettono in imbarazzo, ma che invece umiliano lui nella sua qualita’ di ufficiale dell’Arma dei carabinieri…”. Lo ha sostenuto il generale Mario Mori, rendendo oggi dichiarazioni spontanee dinanzi alla Corte di assise, al processo sulla trattativa tra Stato e mafia. Leggendo il testo di 50 pagine circa, l’ex uno Giraudo, ex operativo del Sismi e ufficiale dei carabinieri, in passato spesso in disaccordo con Mori, “consulente” dell’accusa, rappresentata oggi in aula dai pm Nino Di Matteo, Roberto Tartaglia e Francesco Del Bene.
Mori, affiancato dal suo legale Basilio Milio e dal colonello Giuseppe De Donno (anche lui imputato in questo processo) ha poi aggiunto: “Ricordo a Giraudo che l’ufficiale di polizia giudiziaria dell’Arma esegue le direttive della Magistratura delegante e dopo la raccolta dei dati documentali puo’ anche esprimere valutazioni su quanto acquisito. Badando pero’ che – ha proseguito – le sue considerazioni si appoggino a riscontri formalmente validi e senza omettere elementi che, anche per le proprie pregresse conoscenze, e’ in grado di potere segnalare ed eventualmente acquisire ai fini di una migliore comprensione dei fatti. Se cosi’ si fosse regolato, il Giraudo avrebbe evitato di esprimere valutazioni e fare deduzioni su documenti anonimi, su informazioni riferite de relato da fonti informative non piu’ contattabili e su circostanze che non essendo dimostrate non potevano essere oggetto di sue personali interpretazioni”. Invece, secondo Mori, di fatto Giraudo ha cercato di attribuirgli, “azioni, contatti e indirizzi ideologici in maniera del tutto surrettizia e quindi scorretta. Confermando quanto sottolineato specificatamente dal Gip di Milano Fabrizio D’Arcangelo, nel redigere atti d’iniziativa nel caso che mi riguarda ha fatto ricorso, infatti, a fonti di prova inutilizzabili ovvero anonime e ha manifestato una carente attivita’ volta al riscontro di quanto aveva acquisito, se non addirittura forzando situazioni per raggiungere l’intento che si era prefisso”. Il processo e’ stato rinviato al 15 dicembre, giorno in cui e’ prevista la deposizione dell’ex ministro dell’Interno del governo Berlusconi e attuale governatore della Lombardia, Roberto Maroni.
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