CALTANISSETTA – Far felici i bambini consentendo loro di ricevere un dono. C’è chi il giocattolaio lo fa di mestiere e chi, invece, lo è diventato per solidarietà.È quello che è successo a Giovanna Sheps quando 16 anni fa, grazie a sua nipote, ha scoperto le Pigotte dell’Unicef.
Non servono presentazioni, tutti ormai conoscono le bambole di pezza nate 18 anni fa da un’idea della volontaria JoGarceau.Da allora i comitati provinciali affidano ai bambini, ai loro genitori e alle associazioni che ne fanno richiesta sagome di stoffa e un po’ di ovatta da trasformare in “pupe di pezza”. Una bambola artigianale che, per i gusti dei bambini, ormai potrebbe essere considerata come un giocattolo anacronistico ma che racchiude un’enorme valenza simbolica.
Le Pigotte, infatti, devono essere considerate come “bambole salvavita” perché l’Unicef destina i soldi donati per il loro acquisto al rifornimento di vaccini, vitamina A, kit ostetrici per parti sicuri,antibiotici e zanzariere antimalaria. A Caltanissetta dal 2012 a oggi sono state adottate 1984 Pigotte riuscendo ad accumulare quasi 40 mila euro.
“Quattordici anni fa mia nipote è venuta a chiedermi aiuto per realizzare una bambola di pezza”ha raccontato la signora Giovanna. Quella che era nata come semplice attività parascolastica da condividere con la nipote, però, si è trasformata in una missione. “Sapere che con quella bambola avrei salvato la vita di alcuni bambini per me è stata una notizia sbalorditiva”. Ed è così che la signora Scheps, finita la prima pupa, ha contattato la sede provinciale dell’Unicef e il suo presidente, Salvatore Pirrello, mettendo a disposizione il suo talento e la sua passione.
La signora Giovanna nonostante abbia 89 anni, con la dolcezza e la generosità che la contraddistinguono, continua ancora a realizzare qualche esemplare di Pigotta. In passato, però, quando il vigore fisico le permetteva di maneggiare filo e stoffa con maggiore energia, riusciva a realizzare circa 70 – 90 Pigotte all’anno.“Con gli scarti della stoffa che mi regalava una sarta e qualche accessorio acquistato in merceria realizzavo una bambola in circa due giorni. Pigotte “sorelle” perché nate dalla stessa “madre” ma uniche e originali nell’aspetto. E quella creatività che la spingeva a realizzare tante bambole e tutte diverse forse derivava dal desiderio di mostrare agli altri il volto di quel bambino o bambina che sarebbe statoaiutato.
“Mi occupavo di tutto io, dal confezionamento del corpo al ricamo degli occhi. La mia famiglia, in vario modo, mi ha sempre supportato in questa passione: mio figlio mi aiutava a tracciare i lineamenti del viso che poi andavo a ricamare e mia nuora cooperava aiutando me e l’Unicef a reperire il materiale”.
La signora racconta la sua lunga esperienza da volontaria Unicef con una grande modestia, come se non fosse nulla di speciale, quasi non si rendesse conto che la realtà dei fatti e le “cifre” accumulate negli anni non sono certo da sottovalutare. Ogni Pigotta in cerca di “adozione” è accompagnata da una “carta d’identità”, una speciale cartolina che cita il suo creatore ma la signora Giovanna non le ha mai volute compilare. “Non mi interessa averne il merito, io lo faccio solo per aiutare i bambini a stare meglio, questa è l’unica cosa veramente importante”.