Come tutti sappiamo, la tradizione del presepe è molto antica e si fa risalire a san Francesco di Assisi che a Greccio volle ricostriure la scena della nascita di Gesù e della adorazione dei pastori. L’arrivo del presepe nelle case private siciliane è però molto più tardo: nel Seicento alcuni “soprammobili” a forma di presepe si potevano trovare nelle case dei nobili e nelle chiese, e solo nell’Ottocento divenne una consuetudine delle famiglie borghesi. Il Natale del popolo minuto si identificava con le figuredde in cui erano raffigurati in modo molto ingenuo e primitivo i personaggi della Sacra Famiglia. La prima grande raffigurazione della Natività, il primo presepe dipinto della nostra città, risale alla metà del Seicento ed è un grande quadro che Vincenzo Roggeri aveva realizzato per la popolare chiesa di San Giuseppe: L’adorazione dei pastori.
Vincenzo Roggeri, nato e vissuto nella nostra città tra il 1634 e il 1713 , durante la sua lunga vita dipinse tante opere di soggetto religioso in molte chiese di Caltanissetta – ma anche di Palermo, di Enna, di Bivona, di Gangi, e di altri paesi – grazie al mecenatismo di ricchi signori e alle committenze dei parroci.
L’adorazione dei pastori è una sua opera giovanile di ispirazione caravaggesca che si trova oggi nelle sale del Museo Diocesano di Caltanissetta. Sullo sfondo scuro della notte di Natale un raggio di luce che proviene da destra illumina la scena della Natività.
Sullo sfondo, contro il cielo notturno, si intravedono alcuni elementi architettonici molto essenziali: un tetto spiovente, dei pilastri di sostegno, delle aperture dietro cui si indovina uno sfondo agreste. A differenza di altre rappresentazioni dello stesso soggetto l’ambientazione è lasciata volutamente indeterminata: l’attenzione dello sguardo deve essere concentrato sulla scena principale e sul contrasto tra il gruppo della Sacra Famiglia e quello dei pastori.
A sinistra una dolcissima Vergine Maria inginocchiata dinanzi al Bambinello e dietro di lei, più in ombra, san Giuseppe; a destra un gruppo di sette pastori, cinque uomini, una donna anziana e un ragazzino. Le teste dei pastori e la figura della Vergine formano un semicerchio, il cui fulcro è costituito dal corpo nudo del Bambino Gesù, deposto su un canestro. La Vergine, vestita di rosso con un mantello blu – secondo l’iconografia classica – solleva delicatamente un lenzuolo per mostrare ai pastori il suo Figlio che dorme. Gli elaborati panneggi del mantello della Madonna e del lenzuolino del Bambino hanno riflessi serici, sembrano di seta, in contrasto con gli abiti dei pastori. Dall’altro lato, quasi a far da contrappunto alle vesti della Madonna, il corpo robusto di un pastore a cui il mantello scivolato da una spalla scopre i muscoli possenti scuriti dal sole. La luce mette in rilievo la perfetta anatomia delle masse muscolari, i cui contorni risultano ben definiti. Il viso di questo pastore risulta in ombra, mentre la luce colpisce il volto della donna anziana che risulta proprio difronte al viso della Vergine. I due ritratti femminili hanno la stessa espressione di tenerezza e lo sguardo fisso sul bambino, entrambi sono coperti da un tessuto chiaro: è come se l’autore avesse voluto sottolineare la bellezza dell’ovale delicato di Maria confrontandola con l’accentuata rugosità della pastora. Al centro di tutto, il corpicino di Gesù Bambino, morbidamente disegnato, messo in risalto dalla luce sul blu del lenzuolino e del cuscinetto di seta, del tutto improbabili in una stalla e nel canestro ben intrecciato che gli fa da culla.
In alto due angioletti, illuminati dal raggio di luce, reggono un cartiglio con la scritta Gloria in excelsis . Il tema della presenza di putti e angioletti tra le nuvole si ripete in quasi tutte le opere di Roggeri , mutuato forse dall’insegnamento del pittore palermitano Pietro Novelli, notissimo nella prima metà del Seicento. È un modo efficace di rappresentare uno squarcio di Paradiso in una scena che potrebbe essere considerata solo sotto l’aspetto terreno; è una sottolineatura del senso profondamente religioso della rappresentazione che abbiamo sotto gli occhi.
Come san Giuseppe, gli altri pastori sono in secondo piano e servono da sfondo alla scena principale, insieme alle teste dell’asino e del bue che si intravedono nell’ombra.
Tutta l’opera è caratterizzata da colori caldi e da particolari ben definiti come le pieghe degli abiti e dei mantelli e come il cappello color ambra di uno dei pastori. Questa abilità di dipingere i panneggi e di saper riprodurre gli effetti delle stoffe più ruvide in contrasto con le tonalità cangianti dei tessuti pregiati è una delle caratteristiche di Roggeri. Un’altra peculiarità dello stile di Roggeri, più volte sottolineato dagli storici dell’arte, è quella di inserire nei dipinti brani di nature morte: fiori, frutta, oggetti . In questo dipinto, in primo piano, due oggetti che non riguardano la Palestina dei tempi di Gesù, ma che sono tipici della vita pastorale in Sicilia dei secoli passati: una vascedda di ricotta e una fiaschetta metallica.
Gli abitanti di Caltanissetta del Seicento si saranno certo identificati facilmente in quel gruppo di “ultimi” in preghiera dinanzi al Bambino Gesù e avranno cantato anche loro:
Ora veni lu picuraru e nun avi chi ci purtari,
porta latti nni la jsca,
cascavaddu e tuma frisca.
Rosanna Zaffuto Rovello