CALTANISSETTA – Non passa la sfiducia. Dopo l’elegia del protagonismo celebratasi ieri nell’aula consiliare di Palazzo del Carmine, la disaffezione dei cittadini alla politica locale sembra aver raggiunto zone mai esplorate. Il dovere di cronaca ci spinge a vincere il desolante senso di impotenza che ha assalito gli spettatori presenti e mediatici del consiglio comunale odierno, che con 17 voti favorevoli, 11 contrari ha bocciato la mozione di sfiducia proposta nei confronti del Sindaco Giovanni Ruvolo. Proveremo, quindi, a raccontarne gli eventi ed a sintetizzarne le sensazioni.
Freddo il discorso di introduzione del primo cittadino. Con morboso e fittizio ottimismo, inizia provando ad improvvisare delle scuse per il noviziato politico amministrativo, durato quasi la metà del mandato, definendo un momento di confronto positivo persino il consesso organizzato per tentare il suo impeachement, primo nella storia di un sindaco eletto dal Popolo.
Poco convincente la difesa di ufficio della maggioranza, o meglio degli 11 sostenitori del Sindaco, perfetta sintesi tra ignavo e politichese, a tratti addirittura immaginifica nell’intervento di Scalia che arriva ad asserire che il sindaco non ha trovato dirigenti, forse dimenticando che uno di questi (il Comandante Parisi) è scappato ed un altro (l’ing. Tomasella) è stato praticamente bloccato nella fuga davanti alla porta. Entrambi probabilmente non esaltati all’idea di condividere l’esperienza governativa attuale.
Ma è dai 17 proponenti della sfiducia che ci si aspettava di più nell’argomentare le ragioni del perché si è proposta la sfiducia, anche in considerazione dell’assordante chiacchiericcio dei giorni precedenti che avevano dipinto il quadro di una farsa. Ma malgrado ciò i pittori hanno avuto ragione.
Nessun dettagliato elenco dei cospicui finanziamenti persi e delle opere incompiute è stato mostrato, nessuna azione decisiva si è tentata nell’evitare l’ormai annunciato fallimento nel braccio di ferro tra A.N.A.S. e Cmc per le opere di compensazione, o forse anche solo per garantire una civile convivenza tra i lavori e la città. Nell’altrettanto serafica indifferenza sono finiti i perché dei ritardi e duplicazioni dei bandi dei rifiuti, affare da settanta milioni di euro e il più grosso degli appalti per il prossimo decennio. Nulla o quasi sul degrado economico e sociale che pervade la città ed il centro storico in particolare e nemmeno una parola sul bilancio di previsione.
Per la verità poco di tutto questo è stato messo sul piatto da parte dei soliti e sempre meno numerosi consiglieri che ancora si impegnano a provare ad amministrare. Ciò che invece si è visto, è stata una resa dei conti di questioni personali, la prima delle quali la mancata sfiducia alla Presidente del Consiglio.
Fatto positivo, la conclusione della seduta prima della mezzanotte, ha evitato l’ulteriore spreco di denaro pubblico per il pagamento del gettone nella giornata successivo. In tempi di spending rewiew, apprezzabile la sensibilità dei nostri rappresentanti.
Ed ora?
Lo stemma civico “affonda”. Il gonfalone di fronte all’emiciclo degli scranni del consiglio non ha probabilmente mai rappresentato un momento così incerto, dove la navigazione a vista e l’improvvisazione sono direttamente proporzionali alla paventata sicurezza in se stessi dei nostri rappresentanti tutti: sindaco, consiglieri ed assessori, sembrano sapere tutti cosa fare e cosa no, cosa è giusto e cosa è sbagliato. Ed intanto affondiamo.
Ma perché tutto ciò non tranquillizza i cittadini?
Perché la nostra gente si sente sempre meno rappresentata?
Perché in piazza c’era pochissima gente a difendere o a chiedere scusa delle proprie scelte?
Lasciamo ai nostri rappresentati la risposta a questi perché. A noi spetta garantire, anche dolorosamente come stavolta il diritto di cronaca.
Palazzo del Carmine: la sfiducia “annega” come il gonfalone
Ven, 21/10/2016 - 00:26
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