CALTANISSETTA – Una perfetta coesistenza tra tradizione cristiana e folklore popolare. Sono questi i tratti distintivi che caratterizzano, in modo unico, le manifestazioni religiose siciliane. Un’unione inscindibile che prende vita anche a Caltanissetta e che vede nel corteo della Real Maestranza una delle sue più grandi espressioni.
Gli artigiani che, con il duro lavoro e il sudore della fronte rivivono, giorno dopo giorno, la Passione di Cristo e attingono alla loro redenzione durante la processione del Mercoledì Santo.
Una differenza sostanziale che distingue la processione della Real Maestranza da quella serale delle Vare, gruppi sacri commissionati come voto per una grazia ricevuta. Per i “maestri artigiani”, però, è tutta un’altra storia.
A chiarire la differenza e a lavorare incessantemente per dirimere atteggiamenti non consoni con il valore spirituale della processione è il presbitero Michele Quattrocchi, padre spirituale della Real Maestranza.
“Come in ogni situazione questa processione ha vissuto momenti di grande splendore e di buio. Da qualche anno, con il supporto di assistenti assegnati a ciascuna categoria ed esercizi spirituali collettivi, abbiamo lavorato per far comprendere il vero significato della festa”.
Quella che scorre tra le vie cittadine – ha spiegato padre Quattrocchi con la serenità che lo contraddistingue -, non è una sfilata di professionisti che si mettono in mostra salutando o fumando una sigaretta bensì l’espressione di un vero momento di religiosità da vivere con intenso raccoglimento”.
Per dare maggiore forza alla processione, la Curia ha deciso di dare maggiore spessore simbolico alla consegna di quel crocifisso che il padre spirituale consegna la mattina del mercoledì tra le mani del Capitano. “In passato il passaggio della Croce, dalla chiesa di San Giovanni alla Biblioteca Scarabelli, era fatto in forma privata. Da qualche anno, invece, abbiamo scelto di renderlo pubblico invitando gli assistenti di tutte le categorie e i cittadini a condividere con fervore questo momento – ha continuato il padre spirituale -. È proprio attraverso la Croce che l’uomo si libera da tutti i suoi affanni affidandoli a Dio e ottenendo, grazie al sacrificio di Cristo, la redenzione e la pace interiore”.
Un rituale che si trasforma in occasione di preghiera collettiva e aggrega sempre più fedeli. Alla base del gesto c’è una valorizzazione della dimensione cristiana del lavoro e di come esso debba essere gestito rispettando i valori e i principi cardine del cattolicesimo.
“Essere scelto come Capitano è un onore, un riconoscimento di stima per la persona e non soltanto per il lavoratore. Questo incarico è e va vissuto come una festa da condividere con amici, familiari ma anche con i rappresentanti di tutte le categorie, autorità civili e religiose – ha chiarito il padre spirituale riferendosi a chi storce il naso davanti alle celebrazioni sfarzose che negli anni si sono susseguite nelle case dei Capitani -. È normale trovare una ricca tavola imbandita ma la gioia vissuta non deve trasformarsi in un festino nel quale regnano eccessi e vanità”.
Ed è per questo che padre Quattrocchi ammette di aver accolto di buon grado la riduzione dei contributi pubblici che in passato erano destinati a celebrazioni e banchetti. Ogni ostacolo, dunque, può trasformarsi in un’occasione di riflessione per recuperare il significato religioso della processione.
“La processione è un momento di religiosità intensa non un festino dove regnano eccessi e vanità”
Quelli che si svolgono durante la settimana santa sono momenti di “religiosità” e non necessariamente di “fede”. Quest’ultima, infatti, è un fatto intimo e personale e ciascuno, in quanto figlio o figlia di Dio, deve viverla in modo autonomo. Ai maestri artigiani in corteo e alla collettività che assiste sul ciglio della strada, però, padre Quattrocchi chiede e pretende rispetto e compostezza.
Purtroppo, però, è più facile riuscire a trovare un punto di dialogo e di intesa con i rappresentanti delle categorie che con la cittadinanza. Per la maggior parte di loro il mercoledì mattina coincide con un momento di vacanza piuttosto che un’occasione per riflettere e pregare.
“Mi piacerebbe – ha concluso il sacerdote – riuscire a infondere lo stesso fervore religioso che si percepisce il venerdì Santo quando, con la stessa Maestranza, viene portato in processione il Cristo Nero. Siamo ancora molto lontani ma abbiamo intrapreso la strada giusta”.
(Tratto dal mensile di ottobre 2016)