Crollano ai minimi storici i prezzi pagati ai pescatori italiani con quotazioni sui livelli di trent’anni fa, addirittura fino a 0,1 euro al chilo, per alcune delle specie piu’ tipiche del periodo in Adriatico. A denunciarlo e’ la Coldiretti Impresapesca dopo che la fine del fermo pesca in Adriatico ha portato sul mercato una grande quantita’ di prodotto proprio nel momento in cui i consumi calano, con il termine del periodo estivo.
Il risultato e’ che i prezzi pagati ai pescatori sono crollati ai livelli insostenibili mentre il pesce resta sui banchi. Basti pensare al caso delle triglie, le cui quotazioni sono crollate anche fino a 0,1 euro al chilo, mentre le gallinelle vengono pagate anche a 0,5 euro al chilo. E cio’ nonostante si tratti di prodotti di qualita’ e dalle importanti proprieta’ nutrizionali, essendo ricchi, tra l’altro di Omega3.
Con il crollo dei prezzi la marineria italiana e’ a rischio crack dopo che negli ultimi 30 anni ha perso il 35 per cento delle imbarcazioni e 18.000 posti di lavoro, mentre si e’ progressivamente ridotto il grado di autoapprovvigionamento del pescato: due pesci su tre ormai che vengono dall’estero. Dal pangasio del Mekong venduto come cernia al filetto di brosme spacciato per baccala’, fino all’halibut o la lenguata senegalese commercializzati come sogliola, la frode e’ in agguato sui banchi di vendita, anche perche’ al ristorante non e’ obbligatorio indicare la provenienza.
Da qui l’invito di Coldiretti Impresapesca a sostenere la filiera ittica made In Italy acquistando direttamente dai produttori o nei mercati ittici a km zero, a partire da quelli di Campagna Amica. In questo modo si porta in tavola un prodotto di alta qualita’, come le triglie, ad un giusto prezzo, sostenendo i pescatori italiani e aiutando l’ambiente, poiche’ il pesce a km zero non deve percorrere lunghi tratti prima di arrivare nel piatto.