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Comitato San Domenico:xenofobia a Caltanissetta, social e media nisseni “intolleranti”

Redazione

Comitato San Domenico:xenofobia a Caltanissetta, social e media nisseni “intolleranti”

Ven, 28/10/2016 - 10:42

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download-2CALTANISSETTA – RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO. A parlar male degli immigrati si possa guadagnare qualche voto in più, lo sa bene chi cavalca l’ondata xenofoba a fini elettoralistici. In un tempo di incertezze e paura, la tentazione del capro espiatorio, su cui scaricare le proprie ansie e problemi, è forte. Che sugli immigrati ci sia un business non sempre trasparente e legale, come alcune vicende di Mafia dimostrano, anche questa è cosa nota.

Da alcuni mesi  a questa parte  sui social e sui media locali, si percepisce nella nostra città,   un atteggiamento di intolleranza sociale che porta un individuo o un gruppo a non accettare l’esistenza di soggetti con modi di pensare e di agire differenti dai propri. Ostentiamo un  atteggiamento di forte avversione verso i cittadini  delle altre comunità. “superiorità” del proprio gruppo d’appartenenza rispetto agli altri (“superiorità” della propria religione, del proprio sistema politico, di razza, etnia o, semplicemente, di sistema di vita). cause socio-economiche, per cui in momenti di difficoltà, soprattutto quando particolari ceti sociali subiscono situazioni di frustrazione, determinati gruppi umani variamente individuabili (Emigrati o profughi) sono pensati come la causa del malessere, dove determinate situazioni sociali favoriscono l’insorgenza del pregiudizio.

Non   fa   più   notizia   il   continuo   arrivo   dei profughi,  che approdano  nelle nostre coste con imbarcazioni fatiscenti, vere carrette umane, per poi  continuare la loro avventura verso il nord Italia o in altri paesi d’Europa. Sono   giovani   uomini   e   donne,   spesso   con bambini, spesso solo bambini che, non riuscendo a vivere dignitosamente nei paesi natii o per la fame o  per le guerre fratricide, lasciano la propria terra in cerca di fortuna in paesi lontani. Vi è chi parte col solo progetto di sacrificarsi per qualche tempo per racimolare  un po’ di denaro, poi tornare e fare un salto di qualità. Vi è chi parte, avventurandosi con la  famiglia, deciso  di tagliare  i rapporti   con   la   propria   terra,   sradicandosi   per   non tornare più.

Per tutti costoro l’emigrazione lacera gli affetti, divide le famiglie, distrugge le tradizioni. Si lascia un presente miserevole, ma ricco di un contesto, che dà una certa sicurezza, e si va verso una speranza, armati solo di nulla, per bussare alla porta ed al cuore di una società ricca, che non sempre dà accoglienza. Questa gente viene nelle nostre città e svolge i lavori più umili, senza rossore, con dignità, sapendo sopportare il nostro disprezzo, la nostra insofferenza e, perché no, la nostra xenofobia. Questa triste storia dei migranti di oggi l’hanno vissuta tanti dei nostri. Nell’incontrare   questa   povera   gente   in   me   si ravviva spesse volte il ricordo di quei nostri migranti

Numerosissimi sono gli scritti sull’emigrazione, dei nostri concittadini siciliani. La   storia dell’emigrazione è un pozzo senza fondo: più la si indaga e più mostra aspetti nuovi ed interessanti. Inoltre   poco ci si ricorda che, quasi sempre, l’emigrante o il profugo è una persona disperata, che non riuscendo a vivere nel paese natio, decide di partire, anche rischiando la vita, per raggiungere una terra e trovare lavoro e con esso quel poco di benessere, che permetterà   di   vivere   dignitosamente   lui   e   la   sua famiglia.

Ai giovani Xenofobi dell’ultima ora, li invito ad aggiornarsi  sull’’emigrazione siciliana: nel 1900 si contarono 28.838 emigranti, 106.208 nel 1905, ben 127.603 nel 1906. Dopo la seconda guerra mondiale la Sicilia si è collocate al 2° posto tra le regioni italiane per numero di emigranti seguendo da vicino la Calabria, nel triennio 1946-1948 gli emigrati Siciliani furono circa. 21.000

Trasmetto alcuni cenni storici dei nostri emigrati all’estero

EMIGRAZIONE ITALIANA: UNA STORIA DÌ RAZZISMO. Linciaggi, proclami razzisti, leggi restrittive, colpirono i milioni di italiani emigrati all’estero nel  secolo scorso in cerca di fortuna. Molti rimasero vittime di cieca violenza, per le colpe di altri.

I nostri siciliani erano considerati un’orda di selvaggi, brutti, sporchi e cattivi, da tenere a debita distanza, nei sudici ghetti delle grandi città. Dagli Stati Uniti all’Australia, passando per l’Europa, (Francia Germania), il sentimento xenofobo contro gli immigrati Siciliani  dilagò come un fiume in piena nei primi anni del 1900, provocando significativi strascichi fino alla metà del secolo scorso. A Torino nel 1968 durante un soggiorno per motivi di lavoro, nei negozi della città, nei  ristoranti, nei  Bar, nei Circoli, nelle  locandine installate all’entrata di detti locali, si  leggeva:  (Vietato Entrare: Cani,  Terroni, sopratutto i Siciliani)

In alcune città del nord titoli di giornali e proclami politici, bollavano i nostri connazionali siciliani come geneticamente tendenti alla criminalità, dunque pericolosi nel complesso, per la sicurezza civile.

LA XENOFOBIA DILAGANTE. Il 1 gennaio del 1920 il New York Times scriveva: “Abbiamo all’incirca in questa città trentamila italiani, quasi tutti provenienti dalle vecchie province della Sicilia, dove, fino a poco tempo fa, la delinquenza e la mafia  era l’industria nazionale. Non è strano che questi briganti portino con se un attaccamento per le loro attività originarie”.
Ad essere bersagliati, soprattutto gli italiani di origine meridionale, catalogati come “razza mediterranea”. Dopo la diminuzione del bisogno di manodopera, alcuni provvedimenti ponessero un argine all’immigrazione. Questi accorgimenti limitarono l’emigrazione italiana a 42 mila individui ammessi.

Diverso, ma non meno carico di pregiudizio, l’epiteto che gli emigranti nostrani si erano guadagnati in Brasile, dove il flusso migratorio provocò notevoli conflitti con i locali: considerati commercianti disonesti, venivano definiti “carcamano” dal gesto di calcare la mano alterando il peso misurato dalla bilancia.

La maggior parte di loro, era alla ricerca di un lavoro qualsiasi, anche con paghe da fame. In pochissimi riuscivano a mettere su un’attività commerciale, che tuttavia diveniva bersaglio della follia xenofoba, che distruggeva i negozi di immigrati italiani. La miseria e la rabbia, condusse molti di loro, soprattutto negli Stati Uniti, a entrare nella cerchia della malavita locale, seminando però il pregiudizio su tutta la comunità. Contro i nostri connazionali, si scagliò l’opinione pubblica, che li considerava tutti sovversivi, anarchici, camorristi, mafiosi, assassini.

VITTIME INNOCENTI. I singoli fatti di cronaca, in cui capitava fossero coinvolti italiani soprattutto in America, a cui la stampa dava enorme spazio e allarme, scatenavano così violente ondate di razzismo, da sfociare in più di un’occasione in linciaggi di gruppo verso innocenti o incarcerazioni e condanne a morte sommarie.

IL MASSACRO DÌ NEW ORLEANS. Uno dei più drammatici e feroci attacchi contro italiani che si ricordi, è quello del 1891 a New Orleans. Nella zona, dove molta manodopera italiana era stata impiegata nei campi di cotone, con turni massacranti per sostituire gli schiavi neri affrancati da una legge, un gruppo di siciliani venne ritenuto responsabile, senza prove, di un omicidio. Ma la loro assoluzione a seguito di regolare processo provocò l’inferno. La popolazione locale, non soddisfatta del verdetto, si riversò in strada per un linciaggio. Una folla inferocita di 20 mila persone, prelevò dal carcere gli 11 italiani e li trucidò senza pietà, per un reato che non avevano commesso.

IL MASSACRO DÌ AIGUES-MORTES. Il 17 agosto 1893 nove operai italiani vengono linciati a morte da una folla inferocita, nelle saline di Aigues-Mortes, in Camargue, Francia. Il massacro si consuma, dopo una violenta caccia all’italiano, da parte dei manovali francesi che provoca la morte di un numero imprecisato di emigrati italiani di cui molti siciliani. Il sindaco del paese, si impegna ad alimentare l’odio, cavalcando le proteste dei lavoratori locali, emanando anche atti ufficiali a sfondo razzista, che affiggerà poi anche sui muri della città.

Per Il Comitato di quartiere San Domenico (Settimo Ambra)