La crisi. Virginia Raggi, l’avvocatessa che ha sbancato le elezioni a giugno, pare già sull’orlo di una crisi di nervi. E, ai suoi, l’ha ripetuto spesso: «Basta con le guerre intestine e sotterranee, basta con le indiscrezioni fatte filtrare sulla stampa». Poi la minaccia: «Se andiamo avanti così, sono anche pronta a mollare. Vi abbandono tutti e me ne vado». Una provocazione, forse, per alzare la posta in gioco e incassare la «blindatura» che le arriva soprattutto da Luigi Di Maio, l’anima «governativa» di M5S. La posizione di Di Maio è chiara: «Lasciamola governare. Che sia lei a decidere anche sulle nomine». Di Maio ha anche proposto «di azzerare tutte le scelte che vengono ricondotte a noi. Lasciamole carta bianca». È il punto nevralgico della crisi che si è aperta al Campidoglio, in un primo settembre che, come una macchina del tempo, catapulta Raggi dove Gianni Alemanno e Ignazio Marino sono arrivati, rispettivamente, dopo due anni e mezzo e dopo un anno di sindacatura: ad un passo dalla rottura definitiva.
La giunta capitolina perde pezzi. La sindaca Virginia Raggi – su parere dell’Anac – annuncia la revoca della nomina della capo di gabinetto Carla Raineri, che giocando d’anticipo si dimette. E nel giro di pochi minuti lascia anche l’assessore al Bilancio Marcello Minenna. Il terremoto si consuma nelle prime ore di giovedì, ma nel pomeriggio si registra un’altra scossa: lascia pure l’amministratore unico di Ama, Alessandro Solidoro, che si era insediato meno di un mese fa, il 4 agosto, in pieno caos rifiuti e dopo settimane di scontro tra il suo predecessore Daniele Fortini e l’assessora all’Ambiente Paola Muraro. Via, infine, i vertici Atac, il direttore generale Marco Rettighierie l’amministratore unico Armando Brandolese.