ERA MORTO ED E’ TORNATO IN VITA ! Io credo che la citazione fatta, rimandi, nella memoria, immediatamente, al Vangelo e alla parabola del figlio prodigo. Risulta, quasi impossibile non pensare a quel “figlio” scappato di casa per fare l’esperienza della libertà più sfrenata, più pericolosa e più insensata . Tant’è che non passò molto tempo dalla “fuga” dalla casa paterna e dovette ritornare sconfitto dal suo ardire, umiliato dalla sua arroganza, azzerato nella sua dignità. Sostanzialmente”era morto”, eppure dopo aver provato l’orrore dell’abisso, rientra in sé stesso e rientra a casa. Per il padre”era morto ed è tornato in vita”. La liturgia più volte, durante l’anno, ci propone la lettura della parabola, ritenendo che abbia un impatto positivo con le coscienze, e costituisca un forte richiamo al pentimento, alla conversione, con la certezza che il Padre non rifiuterà il perdono. Per questo, da qualche tempo, per evidenziare più chiaramente il sentimento del Padre, la parabola, che prima, pareva “monopolio” del figlio scapestrato, viene, opportunamente, chiamata la parabola del “ Padre misericordioso”. Ma nella stessa domenica, quella di oggi, la liturgia prevede la lettura di altre due parabole, quella della pecorella smarrita e quella della dramma smarrita. S. Luca accomuna le tre parabole e intende mettere in risalto, in tutte e tre, la misericordia. Sembra sia più evidente nella parabola del figlio, ma è ugualmente “visibile” nelle altre due. Vi è descritta l’angoscia del pastore che ha perduto una pecora, per la quale mostra interesse come per tutte le altre già al sicuro nel recinto; l’angoscia della donna che perde la dramma e ne avverte già il peso della privazione. Leggiamo, nel simbolo, la sollecitudine di Dio che non sta inattivo dinanzi ad un “bene” che si perde, cioè del “bene più prezioso” che è l’uomo. Appare come chi non si dà pace finché non lo “riporta” a casa. E fa di tutto per richiamarlo, come il pastore che affronta rischi in trazzere e dirupi, e la donna che mette tutto a soqquadro, con sforzo e fatica, per rimetterlo sulla buona strada. Sollecitandone il pentimento, il desiderio del calore di famiglia, della sicurezza di un rifugio, del dignitoso sostentamento. Il padre della parabola sta sul davanzale della finestra, o dall’alto di una terrazza, e paziente e fiducioso ”attende”; è Dio “paziente e misericordioso” come ci ricorda la Scrittura, con il cuore e le braccia aperte. Il Pastore e la donna sono il simbolo più espressivo di Dio che “ cerca” e non frena il suo “ slancio umano” di una incontenibile gioia : “ Rallegratevi con me, c’è gioia e si fa festa in cielo per un peccatore che si converte !” E non si tratta di una “fiction” edificante ed esemplare, ma la della realtà più viva e sconvolgente: Dio per primo mostra interesse per la salvezza del peccatore, perché è “ Deus cuius misericordiae non est numerus”, già, perché la sua misericordia è infinita ! Oggi, non vogliate indurire il vostro cuore !