Salute

In un qualsiasi paese di provincia ( Le storielle di…Tonino Calà).

Carmelo Barba

In un qualsiasi paese di provincia ( Le storielle di…Tonino Calà).

Gio, 28/07/2016 - 00:00

Condividi su:

Piazza Roma MussomeliRICEVIAMO E PUBBLICHIAMO:

“Da diverso tempo me ne ero andato a casa mia. Con mia moglie e con i miei figli, tranquillo e felice. Mi occupavo del mio lavoro e del mio giardino. Avevo abbandonato la politica. Pertanto, non c’era nulla da fare. Tutto era fallito ed io non trovavo difficili le mie dimissioni, un istituto quello delle dimissioni che avevo imparato ad apprezzare da giovane. Invitai i miei concittadini a liberarsi di me e quelli sorpresi non sapevano più cosa pensare. Anzi, non pensavano affatto. Dicevano: l’uno vale l’altro. Così sembrava a tutti, proprio a tutti. Anche gli ottimisti si erano arresi. Diversamente, qualcuno poco accorto faceva girare l’automobile degli annunci e in piena estate gracchiava il megafono: “cittadini venite tutti in piazza grande e saprete la vera verità”. Addirittura, con brutta espressione, la vera verità. Quale? si chiedevano in tanti. Gli applausi erano diventati impossibili. Nessuno più ci credeva. Erano rimasti i soliti fans nella piazza vuota. “Signor Sindaco, signor Sindaco! Ci dica qualcosa! Abbiamo fallito, perché abbiamo fallito?” E il signor Sindaco, dai modi gentili ed affettuosi: “purtroppamente, miei cari concittadini, la situazione si è complicata…. Il malato si è ammalato… il letto è scomparso…. Non ci sono più le lenzuola…. le medicine non ci sono mai state. Volevamo fare, c’era la nostra buona volontà, vi giuro su i figli che non ho…. ho cercato…. ho distratto…. ho preso tempo…. purtroppamente, per un pelo non ci sono riuscito. Già il pelo. Forse ci voleva un pelo. Ma io sono calvo e non so cosa dirvi”. Aveva farfugliato, tra la gente incredula. Partì dai suoi una bordata di fischi. Nessuno se lo aspettava. Il fallimento era cosa fatta. Amen. E poi gli astanti rimasti con tono vivacemente ironico: purtroppamente, purtroppamente…. Il caldo torrido bagnava la fronte degli spettatori. L’atmosfera si era fatta surreale. Era così giovane e simpatico il signor Sindaco! Tutti l’amavano e senza purtroppamente. Un dotto che passava da lì recitava: sic transit gloria mundi! Ciò che accomunava la piazza era una sorta di delirio: una parte della gente affranta e delusa, un’altra arrabbiata ed incazzata, un’altra indifferente e sarcastica, un’altra pensosa e triste, un’altra sbeffeggiante e strafottente. A ciascuno: i propri spontanei stati d’animo. Non che ce ne fosse uno capace di dire qualcosa di intelligente. La folla era incontrollata ed incontrollabile. Nessuno poteva farci nulla. Fallimento, fallimento si urlava! Nel volgere di pochi attimi la gente si disperse perché lo spettacolo si era fatto indecente. Un collaboratore del Sindaco cercò invano di trattenere gli astanti. Fu un fuggi fuggi. Nessuno voleva trattenersi nella piazza dell’inganno, dove tante promesse erano state fatte: inutilmente! Anche il collaboratore andò via. Rimase da solo il signor Sindaco che a testa bassa e mestamente ripeteva a bassa voce: “purtroppamente, purtoppamente”. Ciò accadeva in un qualsiasi paese della nostra provincia. Purtroppamente. In ritardo arrivò in piazza un giovane che non era interessato ad ascoltare alcun comizio. Da tempo sapeva e non aveva più gli anni per sentire le fesserie che si ripetevano ad ogni stagione politica. Incontrò il Sindaco rimasto solo ed affranto. Nessuno era morto se non la speranza di quella comunità. Non disse nulla. Si avvicinò al Sindaco e con la mano destra spinse il suo mento verso l’alto, scoprendo il suo sguardo triste ed incupito. Di colpo, lo abbracciò e lo strinse a sé, con vero gesto di amicizia, ricevendo dal Sindaco un sorriso, un grazie sentito per l’affetto che gli stava dimostrando. Era un’altra storia: era la storia di un giovane uomo che, senza nulla pretendere, abbracciava il suo simile senza giudicarlo. In quel preciso momento, rimasero due uomini silenziosi nella piazza solitaria. Forse, l’inizio di un nuovo giorno.

tratto da “I racconti dello sconosciuto”   Tonino Calà”