Fatti, sport e dintorni. Un viaggio attraverso la storia a cinque cerchi di olimpionici meno noti

Jessie Owens e Luz Long

CALTANISSETTA – Ci sono dei momenti della storia dello sport che sembrano violentare il quadro generale, sembrano dire che lo sport abbia una forza tale che in qualche modo riesce a prescindere di ciò che accade fuori e in effetti nel 1936 ci fu questa giornata, che fu in qualche modo, misteriosa ed affascinante, durante la gara di salto in lungo, ci fu l’ incontro fra Jessie Owens e Luz Long. Long il prototipo del atleta ariano per eccellenza, Il pupillo di Hitler, l’uomo che rappresentava con i suoi occhi azzurri, con i suoi capelli biondi, con il suo fisico, il massimo della fisicità rispetto a tutti gli altri. Lutz Long era un atleta del regime, un atleta simbolo del regime, l’atleta che prende la parola in determinati contesti ufficiali, istituzionali . Però quel giorno, il 4 Agosto del 1936, succede qualcosa che non si riesce a capire e non si capirà mai, sente verso Jesse Owens, una solidarietà, una fraternità, una vicinanza che cancella travolge questo suo ruolo di militante del regime nazista e pupillo di Hitler e quando Owens lo batte al 5°-6° salto Lang si alza e va ad abbracciare Owens e fanno insieme il giro d’onore. Che cosa succede? Che questa scena, che naturalmente si può trovare su Internet, questa scena che dovrebbe essere il simbolo del fair play, dell’Olimpismo, viene cancellata dalle Olimpiadi di Berlino, il famoso Olimpia   di        e quella scena è una scena fortissima e una scena che a un certo punto ti fa pensare, ti fa illudere che forse il mondo si può fermare, non può continuare a percorrere quel tracciato che ti porterà alla guerra e naturalmente questa è una illusione, però quella immagine, in qualche modo, rimane come l’ idea che il mondo potesse evitare quella tragedia, questa catastrofe e questa idea ce la regala lo sport. La storia di Lutz Long è una storia controversa, purtroppo lo Sport è vittima del suo desiderio buonista, di costruire intorno ai personaggi che in realtà non hanno mai compiuto, Luz Long non era un militante anti hitleriano, anzi esattamente l’esatto contrario, però c’è nella sua storia evidentemente  un elemento di mistero. La sera in cui torna a casa, la mamma scrive sul diario: ”Hesse ha detto a Lutz mai più abbracciato ad un negro”. Quindi è chiaro che a quel punto lui sapeva di avere violato qualcosa e probabilmente non se ne reso conto neanche lui e non se ne rese conto fino alla fine, anche se questa fine, questa fine ha qualcosa che non va. Lutz Long medaglia d’argento alle Olimpiadi di Berlino, laurea in legge, corso di abilitazione come avvocato, Istruttore della Wermacht che viene mandato in Sicilia da soldato semplice, dove mori nel 1943 presso l’aeroporto di San Pietro vicino Acate e seppellito nel cimitero tedesco di Motta S. Anastasia.

È chiaro che c’è qualcosa che non quadra, che non sappiamo, a volte la realtà non è un percorso chiaro, semplice dove ad un certo punto andando avanti, diventa tutto pieno di luce e non ti sfugge niente e nonostante ricerche del dott. Piccioni , (giornalista della Gazzetta dello sport, mio prof all’università del Foro Italico), che cercò di consultare più documenti possibili a Lipsia, ma pur avendo cercato di consultarli non riuscì a capire questo personaggio, che cosa aveva in testa, quale era il concetto di sport, qual era la sua vita, quali erano le sue idee, e io pensai che  bastava questa del Fair Play Olimpico, per donare a quel gesto, che ebbe un costo enorme, di meritare di essere un fatto compiuto.

Gregory Lanfrakis

Non lo so ma è certo è una delle storie più affascinanti delle Olimpiadi, e certamente se ne sentirà parlare a lungo, pensate a proposito di incroci della storia, che in quella giornata, e in quella gara di salto in lungo c’era un altro personaggio entrato nella storia sportiva e nella storia non sportiva, non so se avete mai sentito parlare del film o del libro “Z l’orgia del potere “racconta la storia di un ginecologo diventato un politico che si chiamava Gregory Lanfrakys e che sostanzialmente nella Grecia degli anni 60-70 , era nel movimento per la pace, che veniva contestato, odiato dal regime greco di allora e da un certo tipo di potere, dai militari ed un mese prima di morire, Gregory Lanfrakis, compie la strada da Maratona ad Atene, da solo perché non gli avevano dato il permesso per questa manifestazione, per dimostrare per la pace nel mondo. Poi c’è un avvelenamento della situazione e tutto diventa più crude e feroce e Lanfrakis viene assassinato. L’inchiesta che nasce da questo assassinio, viene raccontata in un grande libro, in un grande film .

Era campione di salto in lungo presente alle Olimpiadi di Berlino eliminato in qualificazione, più volte campione balcanico.

Ma in questo viaggio mi balza in mente la cerimonia di apertura delle Olimpiadi che è oggetto di un racconto che oggi viene fatto a pezzi da milioni di interpretazioni, di segmenti che vengono visti e rivisti, vi ricordate della cerimonia di Londra con l’apparizione della regina vicino a 007 ? penso che sono proprio dei territori del immaginario su cui puoi misurare la sensibilità o la non sensibilità di un paese, anche dei suoi problemi. Ricordo nel 2000 a Sidney, questo incontro che gli australiani vollero realizzare fra la cultura aborigena e quella degli Australiani bianchi. Loro hanno questo gigantesco problema del razzismo nei confronti di alcune popolazioni e in quel momento volevano dare una idea diversa. Allora ci fu questo incontro, fra un uomo da circo che saliva sui trapezi e una bambina, bravissima anche lei, probabilmente cresciuta in una scuola circense. Ricordate questa bambina bianca, bianchissima e questo gigante aborigeno? Ricordavano lontanamente i personaggi de “ La strada” di Fellini ed allora ci fu una domanda che stava alla fine di questa cerimonia di apertura:

” Ma questi qui si incontreranno di nuovo?”

E naturalmente la domanda non ebbe una risposta, bisognerebbe stare in Australia per averla. Durante quelle Olimpiadi del 2000, successe una cosa che io non sapevo: successe che l’Australia, l’Australia Olimpica, l’Australia che voleva celebrare una sorta di pacificazione interna e la fine del razzismo, si dimenticò di invitare un grande atleta australiano e questa cosa noi non la sapevamo e diventò storia del giornalismo, ecco perché il ritmo della quotidianità non ti aiuta. Che cosa accadde? Il 3° uomo di città del Messico, Peter Norman che era stato con Carlos e Smith sul podio dei 200 mt, e che si era messo il distintivo dell’organizzazione che aveva promosso la protesta di Carlos e Smith e che aveva in qualche modo condiviso attraverso questo piccolo grande gesto questa promessa , dopo 32 anni questo episodio non viene invitato! Probabilmente il più grande velocita della storia Australiana, fu dimenticato o forse non si dimenticarono di invitarlo.

Era tornato in Australia dopo la protesta , non era stato espulso dal villaggio, era stato formalmente minacciato, perché non rientrava nel protocollo olimpico, perché aveva danneggiato l’immagine della Australia secondo il giudizio dei suoi dirigenti, Peter Norman che aveva i tempi per potere andare a Monaco nel 1972, fu espulso dalla rappresentativa australiana e non fu più convocato.

Peter Norman primo a sinistra sul podio medaglia d’argento alle Olimpiadi del ’68

Peter Norman visse una vita difficile, purtroppo condizionata dall’alcolismo e morì nel 2006.  Recentemente è stato istituito il Peter Norman Day negli USA il giorno della sua morte, una delle immagini più commoventi di tutta la storia dello Sport, con  John Carlos e Tom Smith, che portano la sua bara in segno di ringraziamento e di riconoscimento per quella serata così coraggiosa.

Oggi viviamo proprio in questo presente, in questa inflazione di presente che non ci fa vedere dietro le spalle e quella vicenda si è scoperta quando Peter Norman era morto, diciamo che probabilmente c’è stata una certa prudenza rispetto al fatto che lui era malato e si era perso dentro la vita, però dopo la sua morte, invece questa storia, come spesso succede( uno deve morire per essere ricordato) venne fatto un film, dal nipote, questo film si chiama SALUS, Salute, un film molto bello, un film che vi consiglio, ci stanno delle situazioni belle, che non c’entra niente il tema di Carlos e Smith, come quando a Città del Messico , Peter Norman scopre il tartan, la nuova superficie, e disse

 “ ho visto le mie ginocchia che mi arrivavano alle orecchie”,

dava l’idea della rivoluzione del tartan che in effetti è come se ad un certo punto, uno abituato a gareggiare con il diesel, gareggiava con la benzina, più o meno la stessa situazione, c’è anche il rovescio della medaglia, raccontava Alberto Frinolli che ti trovavi come quasi un ubriaco in qualcosa che non conosci.

Ecco queste mie divagazioni servono un po’ a dire  che questa idea che lo sport non sia un grimaldello, che “apre” tutte le porte, io penso che di fronte a questi episodi, di queste vicende, nessuna isola, nessuna illusione, ma qualcosa che sta dentro la realtà e naturalmente la storia delle Olimpiadi è fatta anche di coerenze, rispetto a questa storia. La guerra fredda è stata una storia del mondo, fatta di missili pronti ad essere lanciati ma anche una storia di medaglie, di guerra di medaglie, che ha lasciato sul terreno tante situazioni che qui sarebbe lungo raccontare, spiegare, su cui confrontarsi ma quella guerra è stata una guerra combattuta senza esclusioni di colpi combattuta anche nello sport ed è la situazione con cui stanno iniziando le Olimpiadi di Rio de Janeiro.

Francesco Paolo Anselmo

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  • Caro Coach, complimenti per questo excursus storico-sportivo che mostra bene l'importanza dello sport nel superare barriere ed infrastrutture costruite su pregiudizi e scetticismi. Continua a vivere pienamente questa tua chiara vocazione di accompagnare nella crescita personale sportivi di vari livelli per farli diventare uomini dal carattere integro e determinato. Con affetto.

  • Bel pezzo coach; grazie per questa pagina di storia dello sport, è sempre un piacere ascoltare (in questo caso leggere) il tuo pensiero.
    Buon lavoro

  • ciao Francesco, ancora una volta sei capace di sorprenderci... un articolo scritto molto bene... ho appena finito di leggere quello che mi è sembrato proprio un bellissimo racconto... veramente bello..
    scorre piacevolmente e pieno di tantissime piccole ed importanti curiosità individuali che fanno immaginare persino di conoscere il personaggio di turno... sei una autentica rivelazione... non immaginavo tu potessi essere un giornalista di siffatta maniera, benché l'argomento è parte della tua vita, non solo professionale. Complimenti ancora!

  • Bellissimo articolo... a volte lo sport ha questo potere, intrinsecamente pop, di sospensione metaforica dello status quo. Come il podio dei 200 mt alle Olimpiadi di Città Del Messico, come Abele Bikila che vince, a piedi scalzi, a Roma nel 1960, come Alì vs Foreman a Kinshasa nel 74, come il successo di Jesse Owens a Berlino o quello in bicicletta di Ottavio Bottecchia, il dispositivo di senso che l'evento sportivo proietta è intrinsecamente opposto a quello che il potere vorrebbe esternare. Restando in termini di immagini pop e di Olimpiadi del 36, si ingenera il medesimo cortocircuito ingenerato dalle immagini di Olimpia di Leni Riefenstahl. Che per Hitler dovevano rappresentare il mito della razza ariana, ed invece, in perfetto stile dadaista, fanno irrompere in scena il corpo dell'atleta, ponendo in perfetta successione metastorica i nudi dell'arte classica, gli urinatoi di Duchamp ed i corpi di colore di Robert Mapplethorpe, nella New York degli anni 80. Tutte splendide espressioni di uno sport che diviene "qualcosa in più, e non solo sport". L'opposto lineare della triste storia di Rubin Hurricane Carter, quella raccontata da Dylan in Hurricane, in cui al giovane nero accusato d'omicidio, neppure l'essere campione del mondo gli nega di vivere una terribile esperienza di esclusione e razzismo. Per Jesse Owens, così come per Don Haskins ed il suo quintetto di soli giocatori neri della Texas Western Miners, che vinse la finale ncaa della stagione 1965/1966, invece "vincere cambia tutto". Bravo Francesco!

  • Complimenti coach.....il tuo talento si estende anche nel campo del giornalismo!....davvero un pezzo interessante al quale spero ne seguano altri.

  • Complimenti Francesco, hai raccontato episodi ricchi di significato e valore. Lo sport va oltre tutto e l'hai dimostrato scrivendo questo articolo facendo un ottimo parallelismo tra la situazione storica in cui erano ambientate le vecchie olimpiadi e quella che contraddistingue l'inizio delle nuove. Continua così, buona la prima!

  • Grandi storie ai più (me compreso ) sconosciute, che credo ci possano far capire come dietro la facciata ognuno di noi vive la propria vita non sempre facile e felice.... Grande coach immagino e spero avrai ancora tanto da raccontare...

  • ..un articolo pieno di pathos..che esalta fatti poco noti ma degni di approfondimento per il messaggio di fratellanza sociale da diffondere in antitesi a ritorsioni razziste...da condannare e ricordare per non dimenticare (Berlino e Monaco)....l'atletica e lo sport olimpico in genere sono sicuramente un palcoscenico universale..bravo Francesco. ....continua!!!!

  • Bello, bellissimo. Il tuo livello di giornalista è alto supportato da una cultura invidiabile. Spero di leggere lo stesso livello nei tuoi prossimi articoli sul basket. Sono molto interessato.

  • Un articolo veramente toccante ed interessante, dove lo sport viene fatto capire con il cuore anche ai non addetti ai lavori.

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