Londra: la settima città italiana per abitanti. Londra è la settima città italiana per abitanti, ma in termini economici pesa molto di più: perché tutti lavorano. Sono residenti qui Gianluca Vialli e Gianna Nannini, gli ex ministri dell’Economia Grilli e Siniscalco (anche Saccomanni ha casa), ereditieri e start-upper. Sono italiani il direttore della National Gallery Gabriele Finaldi, il curatore della Tate Modern Andrea Lissoni, il maitre di Rules – il ristorante più antico – Demis Rossi, l’inventore di Candy Crush Riccardo Zacconi, un giochino da sei miliardi di dollari. Per loro il referendum del 23 giugno non cambierà molto, anzi è possibile che in una Londra fuori dall’Unione europea le tasse scendano ancora. Poi ci sono le due categorie più rappresentate, e preoccupate: i finanzieri e i camerieri. Il businessman e il barman.
Se vincesse Brexit, come indicano i sondaggi – ma la partita è apertissima – si apre un’incognita. E nessuno ha un’idea chiara di quel che sarà delle loro vite.
Racconta Sanfelice che gli italiani hanno un vantaggio: «All’inizio eravamo sottovalutati. Non ci hanno visto arrivare. Ora trovi italiani dappertutto: negli uffici comunali, nella sanità, pure nei club più esclusivi come Boodles; gli inglesi mantengono solo il monopolio dei taxi». E se vince Brexit? «Non si sa. Forse introdurrebbero visti, quote, limiti per le cure mediche. Forse cambierà poco. Di sicuro ci sentiremo ancora più discriminati. Perché sopra le nostre teste resiste il soffitto di vetro. Certi posti sono riservati alla “ruling class”, alla classe dominante formata nelle scuole della tradizione imperiale». Il dibattito non è tanto economico, quanto politico e culturale. Gli inglesi rivendicano la loro identità, a costo di privarsi della linfa vitale degli immigrati. Sanfelice non crede alla grande fuga dalla City: «Qualche banca si è già spostata in Svizzera, dove però le case e le scuole sono ancora più care. Londra resta una grande medusa che attira tutti, prende il meglio e tritura gli scarti. Le società sono attente a trattenere i talenti: temono la concorrenza di Google e delle start-up, riconoscono potere anche ai giovanissimi; alla Barclays dopo quattro anni sono gli juniores a giudicare i dirigenti. Nella finanza gli italiani sono considerati i più svelti a comprare e a vendere; funzioniamo meno nel raccogliere i soldi, per cui servono contatti costruiti nel tempo. La grande differenza è che qui il capitale non viene chiuso in cassaforte; diventa merce di scambio e strumento di crescita. E questa non è una cultura che si possa esportare facilmente; neppure se vince Brexit».
«Londra è un hub globale» come dice l’ambasciatore Pasquale Terracciano (non un tipo da party: sbarcò a Bengasi in gommone assieme al generale Graziano per prendere contatto con i ribelli libici). Un volano di investimenti finanziari. Però i medici del Great Ormond Street Hospital, l’ospedale pediatrico dove lavorano anche infermieri italiani, hanno lanciato l’allarme: senza i fondi Ue, la ricerca si ferma.
Antinori, come tutti gli italiani, tifa per il Remain. «Noi siamo ospiti. Potremo restare? I barman sono molto richiesti: non si ha idea di quanto bevano gli inglesi; i migliori hanno offerte da Singapore e Hong Kong, ora anche da Filippine e Nigeria. Ma gli altri ragazzi? Conosco bene la loro vita, perché l’ho fatta. Non mettono da parte nulla: il mio primo stipendio era 1100 sterline, ne pagavo 600 d’affitto e 120 di metropolitana. La città è divisa in sei zone, sei cerchi concentrici: ti avvicini o ti allontani a seconda della fortuna. Londra però ti dà quel senso di libertà e dinamismo che in Italia non trovi. In Italia sei sempre lì a fare certificati; qui non contano le raccomandazioni, solo il merito. La precarietà non è legata a un contratto ma al valore: se non vali ti mandano via; se vali puoi crescere. E’ questo sentimento di essere padroni della propria sorte a fare la differenza. Se Brexit ce lo togliesse, sarebbe dura».
E non si sa se prevalga l’orgoglio per gli italiani di Londra, o il rimpianto perché se ne sono andati. (di Aldo Cazzullo, fonte corriere.it)