Nel trasferimento dalla Nigeria alla Libia, le donne erano costrette a permanere presso strutture di detenzione libiche, per poi essere imbarcate alla volta dell’Italia; appena giunte in Italia, le donen venivano avviate alla prostituzione con l’obbligo di riscattare progressivamente la somma concordata per riottenere la liberta’ ed evitare conseguenze per loro e i familiari in Nigeria. Tra i responsabili, spicca la figura di una ‘maman’ che, oltre a gestire le risorse logistiche funzionali all’associazione, assumeva la veste di collettore delle somme di denaro guadagnate dalle vittime, nonche’ di vero e proprio padrone in forza deai riti voodoo. La vicenda e’ inoltre emblematica in quanto, spiegano gli inquirenti, accanto alle dinamiche attuali del traffico di migranti, “in cui i soggetti criminali svolgono una funzione assimilabile a quella di un’agenzia di viaggio che assicura il solo arrivo nel posto pattuito, disinteressandosi del futuro della persona introdotta in Italia, se ne e’ affiancata un’altra, molto piu’ grave: quella della tratta degli esseri umani, in cui, di norma, il destino della persona introdotta illegalmente in Italia ha una rilevanza fondamentale per il trafficante, in quanto i suoi guadagni deriveranno dal futuro impiego del migrante stesso”.