A 24 anni, un’età in cui già non sei più un giovane di belle speranze, Marco Parolo giocava in Serie C, che in quella stagione si era trasformata in Prima Divisione: se gli avessero detto che un giorno, superati i 30, sarebbe stato l’emblema della Nazionale italiana è molto probabile che si sarebbe fatto una risata. Quella che in campo non può permettersi, perché sprecherebbe fiato ed energie: a Lione, con la maglia azzurra addosso, ci è arrivato pedalando, metaforicamente, perché viene da una famiglia di ciclisti e “faticare” – parole sue – è nel suo dna. Contro il Belgio ha corso 12,570 chilometri: se fosse esistito, avrebbe vinto il premio maratoneta. O, magari, avrebbe ritirato quello della squadra: perché al quarto giorno di Europeo, a due gare dalla fine della prima giornata, l’Italia è la nazionale che corre di più, 119,7 km, 4,6 più dell’Ucraina che però non è comunque riuscita a fermare la Germania.
VECCHI — Da un lato il dato non sorprende: senza grandi talenti e con gli infortuni di Marchisio e Verratti, Conte ha costruito una squadra operaia che fa dell’aggressività il proprio punto di forza. Dall’altro lato il primato temporaneo va in contraddizione con un record storico: l’Italia è andata in campo con la formazione titolare più vecchia di sempre della storia degli Europei. L’età media di 31 anni e 169 giorni rappresenta un apice mai toccato da nessuno: non ha rappresentato un ostacolo nell’opporsi fino all’ultimo secondo a un Belgio pieno di giovani stelle forse poco propense al sacrificio, magari è stato un vantaggio perché l’esperienza (anche se molti azzurri dalla cintola in su in realtà non ne hanno granché a livello internazionale) è da sempre un quid pluris, soprattutto nei grandi tornei. Marco Parolo, l’uomo che ha corso di più nella squadra che ha corso di più, ha giocato la sua partita a 31 anni e 140 giorni, appena 29 meno della media. Anche in questo un simbolo.
OPERAI — Il segreto dell’Italia bella e vincente dell’esordio europeo l’ha rivelato in due parole Leonardo Bonucci, uno senza peli sulla lingua: “Palle quadrate”. Non sarà stato poetico, di sicuro era stato efficace. Il rischio che corrono gli azzurri l’ha indicato De Rossi: “Anche due anni fa, in Brasile, eravamo partiti alla grande e poi siamo usciti in modo indecoroso”. Nel 2014, al Mondiale, l’Italia vinse la prima contro l’Inghilterra 2-1: i giornali, all’epoca, esaltarono il tiqui-taca di Prandelli, ma poi venne fuori il dato sui 110,458 chilometri percorsi nel caldo torrido di Manaus. Eravamo secondi, considerando solo le big, dietro la Germania: quell’Italia, però, smise presto di correre e andò subito fuori. I tedeschi, invece, non si fermarono mai e infatti trionfarono. Oggi, intanto, siamo già davanti a loro. (Fonte gazzetta.it)