Mussomeli, “Terra Nostra” racconta i riti della settimana santa

Ecce HomoMUSSOMELI –  L’Associazione Turistica “Terra nostra”, presieduta da Carmelo Nicosia, così racconta,  nei suoi particolari, i riti della Settimana Santa.

“La Settimana Santa è la Grande Settimana del mondo cristiano, in particolare quello cattolico.
Gli ultimi giorni di Cristo sulla terra, dal suo ingresso trionfale a Gerusalemme alla sua Passione, dalla sua morte alla sua resurrezione, racchiudono infatti gli avvenimenti più importanti della vita di Nostro Signore, avvenimenti senza i quali la nostra fede sarebbe vana.
A Mussomeli, da un punto di vista della tradizione e della pietà popolare, la Settimana Santa è, senza dubbio, il periodo dell’anno più atteso, più intenso e più sentito. La partecipazione popolare è seconda solo a quella che si ha per la festa patronale della Madonna dei Miracoli.
Di certo, durante questa settimana, tradizione, folklore, pietà popolare e fede s’intrecciano in un modo unico, attraverso riti particolarmente suggestivi e carichi di sentimento.
Oltre alle funzioni religiose, la Settimana Santa mussomelese si arricchisce di processioni, gesti, simboli, suoni e lamenti di antichissima tradizione che ancora oggi attirano e coinvolgono tanti giovani. Essi si sono impossessati di un prezioso “tesoro” culturale ricevuto dagli anziani, che adesso studiano e conservano per trasmetterlo ai posteri.
Il merito di queste tradizioni ancora vive e vissute è senz’altro d’attribuire alle cinque confraternite presenti in paese.
La Settimana Santa inizia con la Domenica delle Palme dove si fa memoria dell’ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme in sella ad un asino, accolto dall’osannante folla giudaica con palme e rami di ulivo.
In ricordo di questo, la liturgia domenicale inizia in un luogo specifico di ogni quartiere parrocchiale dove il sacerdote e i fedeli si radunano per la benedizione dei rami di ulivo e delle palme. Per l’occasione vengono spesso utilizzati ramoscelli di ulivo e foglie di palma, intrecciati in modo artistico a formare spighe, croci o altre forme tradizionali.
Questi rami benedetti un tempo venivano conservati tutto l’anno, perché secondo l’antico immaginario collettivo ciò preservava la propria famiglia da rischi di malattie o sciagure, e quindi si attribuiva ad essi un significato più magico che religioso.
Al termine della benedizione, inizia la processione con palme e ulivi fin dentro la chiesa. Qui continua la celebrazione della messa con la lunga lettura della Passione di Gesù: infatti questa domenica è detta anche De Passione Domini.
Nel primo pomeriggio tutte le confraternite di Mussomeli, le Congregazioni e le Associazioni laicali si incontrano insieme, presso la Chiesa Madre, per un momento di adorazione eucaristica, in genere presieduto dal Vescovo.
Tuttavia, la vera atmosfera mesta della Settimana Santa a Mussomeli inizia, da un punto di vista della pietà popolare, il Giovedì Santo.
A dire il vero, fino a qualche decennio fa, si entrava nel vivo della Grande Settimana il mercoledì sera quando, nelle varie chiese, venivano nascoste tutte le statue coprendole con drappi violacei in segno di lutto.
Nonostante quest’usanza sia andata persa (anche per motivi liturgici), ancora oggi, la sera del mercoledì santo, in ogni chiesa, si inizia ad allestire l’altare delle reposizione, chiamato comunemente, ma erroneamente, “sepulcru” (sepolcro).
L’addobbo dei “sepolcri” viene completato il Giovedì mattina con le piantine di grano fatte crescere al buio all’inizio della Quaresima (chiamate in dialetto “lavurredda”, cioè “piccole messi”) e con gli ultimi ritocchi “artistici”.
Sempre il Giovedì mattina, in tempi remoti, venivano legate le corde delle campane, mentre i fanciulli, con le battole (dette “truacculi”), annunciavano l’inizio del Triduo.
In passato, il Giovedì le persone più devote iniziavano anche il digiuno completo fino alla notte di Pasqua, e tale digiuno di tre giorni era detto “trapassu”.
Il pomeriggio la liturgia prevede la celebrazione della Messa in Coena Domini in cui si ricorda l’Ultima Cena di Gesù con i suoi discepoli, preceduta dalla lavanda dei piedi. È una delle solennità più importanti dell’anno, poiché il Giovedì Santo Gesù istituì due importantissimi sacramenti: l’Eucarestia e l’Ordine Sacro. Il Giovedì è anche il giorno in cui Gesù consegnò agli apostoli il comandamento più importante – quello dell’Amore – ed è il giorno in cui fu tradito da Giuda Iscariota, arrestato dalle guardie del sinedrio, sottoposto all’interrogatorio dei sommi sacerdoti Anna e Caifa e rinnegato da Pietro.
Al termine della liturgia, iniziano i tradizionali riti della pietà popolare con la processione delle statue portate a spalla dai devoti e accompagnate dalle varie confraternite lungo la cosiddetta “via dei Santi”.
La processioni procedono accompagnate anche da squilli di tromba, dal suono profondo di tamburi e dai tradizionali lamenti mussomelesi. A tal proposito ricordiamo che il 16 Ottobre 2014, la Commissione Eredità Immateriali del Dipartimento Regionale dei Beni Culturali Regione Sicilia ha riconosciuto che i lamenti della Settimana Santa di Mussomeli costituiscono uno degli esempi meglio conservati nell’ambito dei canti religiosi polivocali di tradizione orale, e ne ha approvato l’iscrizione al REIS (Registro del Patrimonio Culturale Immateriale della Regione Siciliana), all’interno del Libro delle Pratiche Espressive e dei Repertori Orali.
Le statue portate in processione il Giovedì Santo sono: la statua di “Gesù alla colonna” dell’Arciconfraternita SS. Sacramento della Madrice, la statua di “Gesù nell’orto degli ulivi” della confraternita Maria SS. dei Miracoli, la statua di “San Giovanni Evangelista” della confraternita Maria SS. del Carmelo e la statua che raffigura l’incontro di “Gesù con la Veronica” della confraternita Maria SS. delle Vanelle di Sant’Enrico.
Fino a qualche anno fa veniva portata in processione dagli “Amici di San Francesco” anche il gruppo statuario, appartenente alla chiesa di San Francesco d’Assisi, raffigurante “Gesù che incontra le pie donne”.
Si tratta, come notiamo, di statue o gruppi statuari che raffigurano i personaggi e alcune scene importanti del Giovedì Santo e del Venerdì Santo così come ci viene raccontato dai Vangeli (eccezion fatta per la Veronica, mai menzionata dai Vangeli canonici, ma che ritroviamo al Capitolo 7 degli Atti di Pilato, un Vangelo apocrifo nel quale la Veronica sarebbe l’emorroissa guarita da Gesù. Veronica è la traduzione latina del nome greco Berenice o Berenike, che significa che porta vittoria. Nel passaggio dal greco al latino la somiglianza del nome “Veronica” con vera icon, cioè “vera immagine”, portò alla nascita della leggenda popolare secondo la quale questa donna si chiamasse Veronica perché custode della “Vera icona”, e per secoli la gente credette che ella, asciugando il viso insanguinato del Cristo con il suo velo, avesse custodito l’immagine del volto di Gesù impresso col sangue su quello stesso velo).
La sera del Giovedì, le chiese dove sono allestiti i “sepolcri” rimangono aperte fino a tarda sera per l’adorazione eucaristica. Le confraternite e le statue portate in processione effettuano una specie di pellegrinaggio di chiesa in chiesa entrando in quelle chiese rimaste aperte nel centro storico (lungo appunto la “Via dei Santi”). All’interno delle chiese, ma anche lungo la processione, vengono eseguiti i lamenti tradizionali e questi vengono seguiti da squilli di tromba (simbolo dell’urlo straziante di Maria addolorata) e da tre colpi di tamburo (simbolo dei tre chiodi con cui Gesù fu crocifisso).
Anticamente, quando alcune statue attuali non erano ancora state realizzate, il Giovedì Santo le varie compagnie, visitando i “sepolcri” in tutte le chiese, “cunnucivanu” soltanto un’urna con dentro la croce senza il Cristo. La Chiesa Madre, invece, portava in processione un busto raffigurante l’Ecce Homo.
Ancora oggi, invece, rimane tra i fedeli l’abitudine di “girare i sepolcri” delle varie chiese. La tradizione prevedeva la visita di sette sepolcri, in quanto sette è un numero che nel cristianesimo è molto simbolico: pensiamo ai sette vizi capitali; ai sette doni dello Spirito Santo; ai sette Sacramenti; ai sette Sigilli la cui rottura annuncerà la fine del mondo, seguita dal suono di sette trombe suonate da sette Angeli, ecc. Ovviamente tutto ciò non trova fondamento nella vera fede, ma in un’antica mentalità legata più alla superstizione che ad altro.
Il Venerdì Santo inizia con la processione mattutina del simulacro dell’Addolorata (in assoluto una delle statue più belle realizzate dallo sculture Francesco Biancardi) che dalla Chiesa di San Giovanni Battista viene portata a spalla lungo le strade di Mussomeli. La processione, in genere partecipatissima, è accompagnata dalla Confraternita di San Giovanni, dai lamentatori della Memento Domini e dalla banda musicale che esegue diverse marce funebri.
La processione mattutina dell’Addolorata rappresenta la sofferta ricerca del Figlio imprigionato dai soldati romani da parte della Vergine Maria; Figlio che troverà, al termine del suo peregrinare, incatenato e pronto per essere condotto al Calvario.
Fino a qualche ventennio fa tutti i fedeli, in particolar modo le donne, partecipavano alla processione vestiti rigorosamente di nero, in segno di lutto.
Inoltre, in quel giorno, le donne non si guardavano allo specchio, non si truccavano né tantomeno si pettinavano. Difatti si diceva: “Malidittachidda trizza ca lu venniri si ‘ntrizza”.
Viceversa le donne, il venerdì, impastavano con le proprie mani il pane e la pasta perché si diceva: “Biniditta dda pasta ca lu venniri si ‘mpasta”. Con questi “rituali” da un lato si voleva scongiurare l’ira di Dio e dall’altro si volevano ottenere benedizioni sull’impasto e sulla famiglia.
Il Venerdì pomeriggio ci si dà appuntamento in Piazza Umberto dove si assisterà alla crocifissione di Gesù. La piazza, come sempre gremitissima, accoglie in silenzio la processione che, arrivando dalla Chiesa Madre, vede l’Arciconfraternita del SS. Sacramento accompagnare il corpo nudo del Cristo su di una lettiga.
Il corpo di Gesù viene, quindi, portato sulla scalinata (realizzata appositamente per l’evento) che conduce al “calvario” davanti la Chiesa di San Francesco: lì Gesù verrà crocifisso. Sono senz’altro questi i momenti più commoventi dell’intera Settimana Santa: il triste silenzio viene interrotto solo dal pianto dei fedeli e dai soliti squilli di trombe e tamburi.
Il breve intervento di un sacerdote ricorda gli ultimi momenti della vita di Gesù ed il prelato, invitando ad una preghiera raccolta e sentita, congeda la folla dando appuntamento alla funzione religiosa che si svolgerà nelle diverse chiese parrocchiali intorno alle 18 del pomeriggio.
Ci si sposta, dunque, nelle chiese per partecipare alla celebrazione della Passione del Signore, dove i momenti salienti sono la lettura della Passione secondo l’evangelista Giovanni, la Preghiera Universale, l’Adorazione della Croce e la Santa Comunione che viene fatta con le particole consacrate il giorno prima durante la Messa in Coena Domini. La funziona inizia e si conclude nel silenzio, così come in silenzio si era conclusa la celebrazione del giorno prima.
Nel tardo pomeriggio vengono condotte ai piedi del calvario le statue dell’Addolorata e di San Giovanni Evangelista disposte alla sinistra di Gesù, e le statue della Maddalena e della Veronica disposte alla sua destra. Anche qui c’è il richiamo evangelico (GV 19,25) al fatto che sotto la croce fossero presenti Maria, la Madre di Gesù, Giovanni il discepolo prediletto, Maria di Magdala e Maria di Cleofa (negli altri Vangeli si parla anche di un’altra donna, probabilmente Salome). Ovviamente Maria di Cleofa (o Salome), nell’ambito della pietà popolare, è stata sostituita dalla Veronica a simboleggiare comunque la presenza femminile ai piedi del Cristo morto: tutti gli evangelisti hanno, infatti, sottolineato come ai piedi della Croce, di tutti i discepoli di Gesù, fossero presenti solo le donne (oltre al giovane Giovanni, figlio di Zebedeo).
Dopo l’omelia di un sacerdote, il Cristo viene deposto dalla Croce e sistemato nella maestosa Urna dell’Arciconfraternita.
Inizia quindi la processione dell’Urna col Cristo morto che viene preceduta dalle altre statue. Per la precisione la prima statua a sfilare è quella della Veronica, accompagnata dalla confraternita della Madonna delle Vanelle; segue la statua di San Giovanni Evangelista, accompagnata dalla confraternita della Madonna del Carmelo; subito dietro troviamo la statua della Maddalena, accompagnata dalla confraternita della Madonna dei Miracoli. Dopo queste tre statue sfila l’Urna, accomapagnata come detto dall’Arciconfraternita della Madrice, mentre la processione viene chiusa dalla statua dell’Addolorata, accompagnata dalla confraternita di San Giovanni Battista.
La processione, dopo il classico giro, si conclude presso la Chiesa Madre dove tutte le confraternite, con le loro rispettive statue, accompagnano Cristo al sepolcro.
Sarà quindi San Giovanni ha scortare le altre statue “femminili” nelle loro chiese di appartenenza per poi far ritorno alla propria chiesa del Carmelo e concludere così tutti i riti del Venerdì Santo.
Il Sabato Santo è il giorno del silenzio: la morte sembra aver avuto ragione della speranza e dell’amore; la tristezza e lo sgomento sono i sentimenti che accompagnano gli Apostoli, ma anche i fedeli di oggi. Ma Cristo è soltanto disceso agli inferi per portare a compimento la sua vittoria sul diavolo e quindi sulla morte, riscattando le anime dei giusti morti prima di lui ai quale apre le porte del Paradiso.
La Domenica di Pasqua è il giorno più importante per i Cristiani, poiché la resurrezione di Gesù è l’evento salvifico per eccellenza: in Gesù che ha vinto il peccato e la morte, l’universo intero si rinnova e risorge e si aprono così le porte dell’eternità a coloro che credono nel suo nome.
Oltre agli importantissimi riti liturgici che ci fanno celebrare, nelle chiese, il mistero della resurrezione di Nostro Signore, la pietà popolare trova spazio ancora una volta in quest’ultimo atto della Settimana Santa con la tradizionale “Giunta”, in Piazza Umberto, nel tardo pomeriggio.
Si parla di “giunta” (cioè di unione, incontro), perché in piazza avverrà l’incontro fra Gesù risorto (la cui statua è portata a spalla dall’Arciconfraternita della Chiesa Madre e che rappresenta l’elemento divino), Maria, madre di Gesù (portata dai confrati di San Giovanni e che rappresenta il mondo umano) e San Michele Arcangelo (la cui statua è accompagnata dalla confraternita della Madonna delle Vanelle e che simboleggia le schiere angeliche).
Le tre statue provengono da tre strade diverse; strade che s’incrociano proprio in Piazza Umberto e cioè, Via Barcellona, Via Palermo e Via Scalea: ciò fa percepire maggiormente il senso dell’incontro e dell’abbraccio festoso. Inoltre la location non è nemmeno casuale: oltre ad essere un punto centrale del paese che gode del favorevole incrocio di queste tre vie (tre come le statue da far incontrare) è anche il luogo dove qualche giorno prima la folla devota aveva compianto la morte in croce del suo Cristo. Quindi, lo stesso luogo passa festosamente dalle tenebre alla luce, dal pianto alla gioia.
La “Giunta” è caratterizzata dalla cosiddetta “annacati di li Santi” cioè dalla danza che viene fatta fare alle statue per simboleggiare la gioia della vita che rinasce, della vita che sconfigge la morte.
Dopo la “Giunta” le confraternite danno vita ad una breve processione per le vie del paese.
Così si concludono tutte le celebrazioni riguardanti quest’intensa settimana che coinvolge clero, confrati e popolo, tra fede e tradizione.
E come diceva lo scrittore Gesualdo Bufalino in La luce e il lutto (Opere, 1996): “A Pasqua ogni Siciliano si sente non solo spettatore ma attore, prima dolente, poi esultante, d’un mistero che è la sua stessa esistenza”.

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