In tutto sono circa 2300 gli esperti attesi nelle isole, da Paesi Ue, ufficio europeo dell’asilo (Easo) e Frontex, ma per ora è arrivato solo Maarten Verwey, il coordinatore europeo nominato da Bruxelles per mettere in moto e guidare la macchina. Il premier greco Alexis Tsipras, che d’accordo con la cancelliera tedesca Angela Merkel ha spinto affinché si raggiungesse l’accordo politico con Ankara, comprensibilmente sotto pressione, ha chiamato a raccolta i ministri con responsabilità legate all’immigrazione per cercare di organizzare il possibile. Ma per il via di domani, fonti vicine al governo di Atene lasciano intendere che è meglio non nutrire aspettative troppo ambiziose. A testimoniare che l’obiettivo dell’accordo sui rimpatri degli illegali è comunque di una certa portata è la previsione di rendere disponibili otto navi di Frontex da 300-400 passeggeri per traghettare indietro verso la Turchia.
E da inizio aprile, secondo i piani, partiranno anche i reinsediamenti dei siriani dalla Turchia verso l’Europa sulla base del meccanismo di scambio ‘uno a uno’ (un profugo siriano dalla Turchia in Europa secondo procedure legali per ogni siriano giunto illegalmente in Europa che viene rimpatriato). Merkel, che per prima assieme al premier olandese Mark Rutte aveva aperto alla proposta della Turchia, sorprendendo tutti e irritando molti, con questa intesa mette a segno la sua vittoria. Archiviate le regionali che hanno visto l’avanzata della destra populista di Afd, il risultato del vertice – almeno per ora – è un punto a favore della sua linea sull’immigrazione, che da sempre ha mirato a soluzioni a 28.
Tra i vincitori sono anche Rutte, fino a giugno alla presidenza di turno del Consiglio Ue, che ha dato esempio di come il credo olandese nel pragmatismo spesso ripaghi; il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, che nonostante l’arrabbiatura al vertice del 7 marzo per essere stato scavalcato dal negoziato tra il premier turco Ahmet Davutoglu e Merkel-Rutte si è rimboccato le maniche ed ha negoziato fino all’ultimo; e Juncker, che ha messo al lavoro i servizi della Commissione europea notte e giorno per elaborare tutti i dettagli della partita. E nonostante il risultato con cui è tornato ad Ankara sia ben più basso di quanto richiesto, anche Davutoglu qualche motivo di soddisfazione l’ha raggiunto, soprattutto portando a casa l’ok all’accelerazione sui visti (almeno sulla carta, visto che la Turchia dovrà rispettare tutti i 35 criteri previsti entro aprile) che il presidente Erdogan aveva già rivenduto in patria. Sconfitte davvero si sentono invece le organizzazioni umanitarie, da Amnesty International a Medici senza Frontiere, da Oxfam a Fidh e Cir, che insorgono compatte verso quello che definiscono “l’accordo della vergogna”. (Fonte ansa.it)