PALERMO – L’Assemblea regionale siciliana ha approvato questa sera la legge che integra e completa la riforma delle ex Province, che aveva istituito le Citta’ metropolitane di Palermo Catania e Messina e sei Liberi Consorzi di Comuni. Un intervento legislativo necessario dopo l’impugnativa del governo nazionale. Ma forti sono i timori circa la possibilita’ che possa nuovamente essere censurato. Una parte dell’opposizione ha lasciato l’aula. “Abbiamo portato avanti un lavoro responsabile – dice Alice Anselmo, presidente del gruppo Pd – per mettere a regime la riforma che istituisce Citta’ Metropolitane e Liberi Consorzi di Comuni: adesso i nuovi enti possono finalmente avere un assetto stabile, i dipendenti hanno le risposte che attendevano e i cittadini potranno avere certezza in merito ad una serie di servizi fino ad oggi in bilico”. “Abbiamo deciso di uscire dall’aula, non partecipando al voto della nuova legge delle province, per non appoggiare un provvedimento che non condividiamo e che rischia di aggravare una situazione gia’ drammatica. Ci troviamo di fronte all’ennesima riforma sbagliata del governo Crocetta, che conferma l’incapacita’ di esecutivo e maggioranza di scegliere per il bene della Sicilia”, afferma Marco Falcone, capogruppo di Forza Italia all’Ars. Voto contrario del leader eel centrodestra Nello Musumeci: “Con questa legge sulle Province avete mortificato, umiliato e oltraggiato lo Statuto siciliano. Da oggi in poi nessuno in quest’Aula ha piu’ il diritto di rivendicare l’autonomia regionale, se non per difendere inconfessabili prerogative. Tanto vale abrogarlo lo Statuto. Avete creato una istituzione simulata, senza democrazia, perche’ la avete abolita. Affiderete a poche persone, al posto di quattro milioni di elettori, il compito di decidere i vertici dei Liberi Consorzi e delle Citta’ metropolitane”.
Il testo ha ottenuto l’ok di Sala d’Ercole con 38 voti a favore, 19 contrari e due astenuti. Subito dopo il voto il presidente dell’Ars Giovanni Ardizzone ha affermato l’intenzione di convocare una conferenza dei capigruppo per incardinare la mozione presentata dal deputato del Gruppo Misto Mimmo Fazio che riguarda i rapporti tra il Parlamento e’ il governo. “Il Parlamento regionale – ha detto Ardizzone – si e’ trovato in difficolta’ per una mancata resistenza di fronte alla Consulta del governo regionale Crocetta. A mio avviso era doveroso resistere di fronte a una impugnativa. Mi auguro ora che non ci siano impugnative sollevate dai sindaci metropolitani. Ma di certo non possiamo essere ostaggio del governo regionale, che decide quali parti impugnare e quali non impugnare”. Affrontare questo nodo “in modo prioritario, significa difendere concretamente l’autonomia”, ha chiosato rispondendo alle critiche di Musumeci. L’aula ha detto si’ all’emendamento del governo che fa slittare dal 30 giugno al 15 settembre il voto per i vertici degli enti di area vasta. Il percorso del testo, dunque, non sara’ semplice, perche’ il varo di oggi e’ avvenuto non rispettando tutte le richieste contenute nell’impugnativa del Consiglio dei ministri. La maggioranza e’ andato sotto infatti in occasione del voto segreto richiesto dal deputato Giovanni Greco (Mpa), sull’emendamento – bocciato – presentato dal Pd, a firma del capogruppo Alice Anselmo e del vice Giovanni Panepinto. La norma prevedeva che il sindaco metropolitano fosse di diritto il sindaco del Comune capoluogo. Lo stesso articolo stabiliva che qualora il sindaco metropolitano cessi dalla carica per cessazione dalla carica di sindaco del comune capoluogo, il vicesindaco rimanga in carica fino all’insediamento del nuovo sindaco metropolitano. Questo significa che i sindaci di Palermo, Catania e Messina (Leoluca Orlando, Enzo Bianco e Renato Accorinti) non saranno di diritto alla guida delle rispettive citta’ metropolitane, come invece prevede la Delrio. Bocciato anche l’emendamento di Mimmo Turano (Udc) che prevedeva il voto ponderato solo tra sindaci. Per Turano “sapere di approvare una legge che non rispetta i parametri indicati, significa andare incontro consapevoli ad una nuova impugnativa”.