Salute

Calogero Castelli: una vita trascorsa tra botteghe e antichi mestieri. La storia del Capitano della Real Maestranza 2016

Don Salvatore Callari

Calogero Castelli: una vita trascorsa tra botteghe e antichi mestieri. La storia del Capitano della Real Maestranza 2016

Mer, 23/03/2016 - 15:25

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FJ6B0965 (1)CALTANISSETTA – “Tu non devi fare il lavoro che faccio io! Diceva mio padre Michele Castelli pittore e decoratore, io, però, fin da bambino amavo osservarlo mentre lavorava, mentre dipingeva, stavo sempre accanto a lui e sfilavo con la categoria dei pittori accompagnandolo ogni anno”. È così che si presenta Calogero Castelli il capitano della Real Maestranza 2016 del ceto dei falegnami ebanisti, lui che non ha mai saltato una processione del mercoledì Santo neppure quando impegni familiari o di salute avrebbero potuto impedirglielo.
“È un momento importante non solo per la mia professione ma anche e soprattutto per la mia città, non riuscirei a vivere appieno del privilegio di guidare il corteo del mercoledì Santo senza avere accanto la mia famiglia” racconta Castelli accompagnato da Gaetano D’Oca portabandiera storica, Roberto Nicosia scudiero, Angelo Giuffrida Alfiere maggiore, Massimiliano Bella portabandiera e Luigi Amico alabardiere.
Una passione per i lavori manuali che comincia all’età di 9 anni quando il piccolo Castelli iniziò a frequentare la bottega di suo padre Michele. “Ho fatto tesoro dei suoi insegnamenti e fin da ragazzo per aiutare la famiglia non mi limitavo soltanto a seguire il lavoro di mio padre ma cominciai a frequentare la bottega di un falegname che mi insegnò e tramandò il mestiere” racconta Castelli e lo fa con una certa emozione ricordando il padre scomparso 12 anni fa. “Mio padre mi dava 5 mila lire alla settimana e di pomeriggio dopo la scuola andavo da un artigiano che mi dava 8 mila lire a settimana, arrivavo a 13mila lire, un bel gruzzoletto per un ragazzino, all’epoca avevo 13anni”.
La falegnameria di via Colajanni ha rappresentato un momento di crescita per Calogero Castelli che fino all’età di 19 anni ha seguito diligentemente i consigli del maestro artigiano. “Dopo l’esperienza del militare ho fondato – afferma il capitano della Real Maestranza – una cooperativa di falegnameria; dal 1997 al 2013 mi sono messo per conto mio e due anni dopo ho avviato un’azienda che attualmente dirigo, accanto a me ci sono impiegati che conosco da più di 35 anni. Costruisco mobili, arredi non solo per le case private ma soprattutto per gli esercizi commerciali. Dal legno grezzo al prodotto finito in ogni fase c’è sempre qualcosa che mi emoziona così come trasformare un pezzo di legno in un mobile, un tavolo, una sedia”.
Il cambio di ceto, nell’’83 da quello dei pittori decoratori a quello dei falegnami ebanisti ha rappresentato un passo importante per Calogero Castelli “entrare a far parte di una categoria significa che si è diventati professionisti del mestiere” – spiega il capitano del mercoledì santo raccontando che è proprio in quella categoria che è diventato alabardiere, 2 volte porta bandiera, un volta alfiere maggiore. “Cariche che ho ricoperto negli ultimi 10 anni – prosegue Castelli raccontando del lungo cammino che lo ha portato a diventare capitano della Real Maestranza; “era il sogno di mio padre che però non è riuscito a realizzare perché ci ha lasciati proprio nell’anno in cui avrebbe potuto essere uno dei capitani designati”. Il 2003, l’anno della sua scomparsa, infatti, era l’anno della categoria dei pittori e decoratori.
“Fare il capitano per me rappresenta, dunque, la realizzazione di un doppio desiderio quello mio e quello di mio padre che non è riuscito a raggiungere questo importante traguardo per la categoria artigianale che ha rappresentato” afferma Castelli.
Castelli con padre (Copy)La dedica al padre questa carica capitanale ma anche alla sua famiglia, a sua moglie in particolare compagna di vita che lo ha sempre sostenuto. “Dietro una manifestazione così importante c’è molto lavoro, non solo dal punto di vista organizzativo ma soprattutto spirituale, il capitano deve curare la sua anima, andare in chiesa, partecipare alla messa, pregare” sostiene Calogero Castelli.
Accanto alla spiritualità dell’evento si accompagna la tradizione dell’abito fatto su misura, ci vogliono dei mesi per realizzare il vestito del capitano, scarpe lucide con fibbie ben in evidenza ed una feluca con piume di gallo cedrone ben in vista.
“Devi essere pronto a ricevere il Cristo tra le tue braccia, baciarlo, ci vuole una certa maturità per incrociare lo sguardo del Cristo velato, lo stesso che porto con me in processione”. Un’emozione indescrivibile quella descritta da Calogero Castelli che durante il suo percorso ha incontrato autorità religiose e militari, esperienza, commenta, che “capitano solo una volta nella vita, un lungo percorso ricco di tappe ed ognuna di questa rappresenta un’importante crescita spirituale che ti consente di guidare il corteo del mercoledì Santo”.
“Ed è proprio da questa tradizione, da questo legame così forte tra fede e tradizione che è necessario soffermarsi, tramandandola a coloro che domani occuperanno le fila della processione della Real Maestranza”. Castelli, si riferisce, in questo caso, ai figli d’arte, ai giovani, auspicando che possano continuare a seguire la tradizione dei loro padri. “È una manifestazione unica per la città che in una settimana racchiude l’essenza di Caltanissetta con i suoi riti, le sue messe, le sue processioni. Io nel mio piccolo ho tramandato la mia passione a mio figlio Michele; da quando aveva 2 anni e fino all’età di 18 anni mi ha sempre accompagnato in processione” racconta Calogero Castelli.
Dedizione, passione e amore per la famiglia, valori sacri per Calogero Castelli che racconta del suo forte legame con la moglie e i suoi figli Michele, Enrico, Maria Pia. “Ci vuole molta pazienza per tenere unita la famiglia, mia moglie ed io ci siamo conosciuti quando eravamo ragazzini; lei aveva 14 anni io 17 e da allora non ci siamo più lasciati. Siamo sposati da quasi 25 anni, racconta Calogero Castelli volgendo lo sguardo verso la moglie Maria Catena Lipani che lo accompagna e lo ha accompagnato per tutto il suo percorso di capitano. “Mio marito qualsiasi cosa succede in casa è sempre pronto a sostenerci, siamo una famiglia moto unita ed è questa la nostra forza” dice la moglie del capitano. “Stare accanto a Calogero – prosegue – soprattutto in questo momento così particolare, mi riempie d’orgoglio, mi riferisco alle cerimonie in Comune, in Prefettura, dal vescovo dove è stato presentato alle autorità religiose; un’esperienza che non avevo mai provato”.
Scarpe, calze bianche e nere, feluca piumata, armamenti capitanali e una famiglia numerosa è ciò che con amore e passione accompagna Calogero Castelli il giorno del mercoledì Santo diventando il custode della città, portando con sé le chiavi consegnate dal sindaco Giovanni Ruvolo.