L’occasione è stata propizia per coinvolgere alcuni studenti del Liceo in un’esperienza interculturale. Per prepararsi all’incontro, gli alunni delle classi quarte sezioni A, B, D, E, F il 15, il 17 e il 19 Febbraio hanno ricevuto un’adeguata preparazione sulla questione del genocidio armeno dalla docente del liceo Prof.ssa Laura Bella con una lezione imperniata sulle nozioni di umanità e libertà.
Padre Joseph ha parlato inizialmente di Aleppo, una fra le più antiche città del mondo, una realtà multiculturale e multireligiosa, che purtroppo si è trasformata nei secoli in uno dei luoghi più ricchi di fazioni in lotta fra loro. Servendosi di foto e video, il religioso ha mostrato il prima e il dopo, il “cambiamento” ovvero la distruzione di luoghi culto della città come chiese, moschee, piazze, distrutte da bombardamenti, nonché la loro chiesa trasformata nel tribunale dell’ISIS.
«Quando il Male prende il sopravvento muore l’ordine, la democrazia»: si rammarica Padre Joseph. Poi egli ha parlato del genocidio del popolo armeno, popolo riconosciuto dal Papa, lo scorso anno, come il primo ad aver dato vita anticamente a una “nazione cristiana”. A proposito della parola genocidio, Bazouzou la indica come corretta definizione per la strage in questione, citando Giovanni Paolo II, eppure la Turchia non ha mai accettato questa denominazione, come allo stesso modo non la accettano Stati Uniti e Israele per paura di innescare una crisi nei rapporti con la Turchia.
Lo sterminio ebbe inizio la notte del 23 Aprile 1915 a Costantinopoli: nell’Armenia cristiana – che oggi si trova nell’attuale territorio turco- sia a causa del genocidio che del tradimento delle potenze occidentali che nel 1923 firmarono a Losanna, un nuovo trattato che annullava quello di Sévres del ’20 , che era teso a dar vita a un’Armenia indipendente nel territorio dell’Armenia storica, come voluto dal presidente americano Wilson. Vennero massacrati e deportati con marce della morte verso l’interno dell’Anatolia prima gli intellettuali, l’èlite armena – spiega il religioso – e poi il massacro continuò più a Oriente nelle terre abitate da millenni dal popolo armeno, uccidendo uomini e deportando donne e bambini nel deserto, dove furono decapitati, bruciati vivi, fatti morire per fame e malattie, costretti a fuggire, abbandonati. Le cause probabilmente furono sia politiche che economiche e religiose; tra quelle accertate vi è il fatto che l’obiettivo panturanico dei Giovani Turchi nazionalisti era quello di dar vita a uno Stato Nazionale Turco che avrebbe sempre visto come ostacolo la presenza di cristiani, armeni e indoeuropei. Come sostiene Padre Joseph, «fu l’idea di mantenere l’unità di un popolo che portò, in questo come in altri casi, al fanatismo e infine al genocidio».
Padre Bazouzou ha poi mostrato e descritto foto riguardanti la sua esperienza nella parrocchia di Aleppo che accoglie famiglie e individui senza guardare alla religione di appartenenza e sostenendoli nelle difficoltà, permettendo loro anche semplicemente di ripararsi dalle esplosioni nella grande sala sotto la chiesa. Il sacerdote ha fatto vedere bambini (molti dei quali, dice, si rifiutano di parlare per il forte shock) che giocano e svolgono attività didattiche, ragazzi che festeggiano l’ammissione all’università, il cui primo anno accademico viene pagato dalla chiesa, attività di ballo, canto in foto e video ricchi di sensibilità e rispetto per le disgrazie subite che non mostrano il sangue e l’orrore di cui i media si servono per ottenere visualizzazioni, ma il modo in cui le persone cercano di andare avanti, perché ad Aleppo «l’attività della chiesa è dare speranza,donare una vera e propria cura per i tanti traumi subìti».
Fadi Filou, un ragazzo siriano che vive oggi ad Atene, che ha accompagnato padre Joseph, ha così reso pubblica la sua testimonianza: «In Siria i ragazzi non hanno sogni perché non vedono per loro un futuro lì. I monumenti potranno pure essere ricostruiti ma il clima che si respira, quello è cambiato per sempre». Così, spinto dalla forza delle parole di Fadi, padre Joseph si è sentito quasi in dovere di far conoscere ai ragazzi anche la realtà dell’emigrazione da Aleppo. Per sfuggire alle roccaforti e ai luoghi controllati dall’ISIS bisogna percorrere una strada strettissima lunga ben 200 km e percorrere il deserto prima di arrivare in Libano e da lì continuare un itinerario che conta almeno sei soste prima di giungere in Macedonia, Albania o continuare per Germania, Francia e Belgio, le tappe che predilige la maggior parte degli profughi disposta a pagare anche quattromila euro per essere maltrattata da chi gestisce questo commercio umano. Caritas e Croce Rossa accompagnano spesso le ultime fermate del tragitto dando accoglienza, quindi alloggio e cibo ma anche calore umano: sostenere la loro attività è importantissimo per dare un futuro a tanti giovani che, come noi, non lottano con le armi ma si impegnano per sentirsi vivi. Ha concluso l’incontro una volontaria della Caritas di Caltanissetta, Donatella D’Anna, che ha portato a riflettere su quanto, nonostante noi nisseni non facciamo quasi nulla, basti poco agli immigrati per sentirsi già adesso ben accolti nella nostra città: «Non create una distanza mentale tra noi e loro: cambiate atteggiamento verso la vita!».A conclusione dell’incontro, il Dirigente Scolastico ,Vito Parisi, ha lanciato una proposta di scambio tra gli studenti siriani e gli studenti del liceo, finalizzata soprattutto alla creazione di legami di amicizia e di sostegno.