Il discorso di Mattarella. Fiorella Falci: “Una lezione alta alla politica e all’antipolitica”

imageCALTANISSETTA – Un signore elegante e autorevole, autentico nella sua timidezza di fronte alle telecamere che ha affrontato a distanza ravvicinata, senza la cattedra della scrivania presidenziale, seduto in una stanza del suo appartamento privato al Quirinale, per parlare agli italiani accogliendoli in casa propria. Così come ha voluto aprire il Palazzo ai visitatori in questi mesi, il Palazzo per antonomasia, una delle sedi più sontuose che il potere abbia costruito nei secoli in Europa, sede di Papi e di Re, più imponente di Buckingham Palace, più ricco di opere d’arte dell’Eliseo, per non parlare della Casa Bianca, un cottage borghese in confronto.

La dimensione della casa, invece, ha disegnato l’orizzonte del discorso che il Presidente ha voluto rivolgere ai concittadini fuori dai codici del linguaggio della politica mediatica, per riportare accanto ai cittadini, guardandoli negli occhi ad uno ad uno, la Politica vera, l’esistenza delle persone nella storia, le difficoltà e le speranze di cui aveva parlato appena eletto con una frase di un rigo, essenziale e carica di verità, che aveva segnato da subito la cifra della sua comunicazione pubblica.
Il lavoro, il lavoro dei giovani, la prima priorità ad essere indicata, l’evasione fiscale che ruba risorse ai cittadini onesti che pagano le tasse per tutti, il Mezzogiorno come questione nazionale (finalmente), l’inquinamento come emergenza concreta per la salute di tutti che richiede l’alternativa di trasporti pubblici efficienti, l’immigrazione che “si deve governare” con accoglienza e rigore, il terrorismo, che non ci toglierà la libertà delle nostre scelte di vita, la solitudine degli anziani, dei disabili e dei malati. La solitudine percepita, non soltanto effettiva, di chi “è solo o si sente solo”: uno sguardo profondo dentro il cuore degli Italiani.
Le anticipazioni e i primi commenti hanno rilevato la distanza del discorso del Presidente dai codici del “politichese”, hanno sottolineato l’impostazione differente rispetto all’interventismo di Napolitano, che entrava nel merito dell’agenda politica, richiamava, indirizzava, sui temi del dibattito parlamentare, giocando la sua “moral suasion” dentro il recinto della politica politicante, sia pure con uno stile superiore a quello comune ai personaggetti del teatrino mediatico di tutti i giorni.
Come se Mattarella avesse scelto di parlare su un piano diverso da quello della politica. Non è così. E’ proprio la Politica che è stata al centro di ogni passaggio del discorso presidenziale. Quella politica che non parla di riforme istituzionali, meccanismi elettorali, segnali incrociati tra addetti ai lavori.
Il lavoro è la politica, l’inquinamento, la solidarietà sociale, la lotta alla corruzione, il contrasto alla mafia sono la politica, obiettivi pesanti come macigni, da affrontare con serietà, senza effetti speciali mediatici, senza l’esibizionismo berlusconian-renziano, ma con la tensione morale di chi conosce la responsabilità della politica e ne sente il carico in ogni fibra del proprio essere e in ogni attimo della propria giornata.
Doppio messaggio alla politica, inequivocabile: di stile comunicativo (sobrietà, serietà, verità) e di contenuti da privilegiare (l’esistenza concreta degli italiani, il presente e il futuro delle famiglie). Automaticamente risucchiati lontano nello spazio vuoto del non-senso gli show-men onnipresenti nei talk-show, i leoni mediatici della propaganda con il loro catalogo scaduto di luoghi comuni buoni per destra-sinistra-centro (e ritorno) e i loro schiamazzi televisivi.
Una lezione magistrale di Politica, quella del Presidente, bruciante senza clamori per chi fa politica senza scuola, senza visione, senza responsabilità morale e costruisce il suo carisma sul consenso, e non viceversa.
Sarà forse perché dal suo insediamento tutti i sondaggi sulla popolarità e l’affidabilità danno il Presidente Mattarella oltre il 50-60%, doppiando abbondantemente persino il Presidente del Consiglio, (che forse, quando ha pilotato la sua elezione al Quirinale, si era illuso che fosse un grigio galantuomo inoffensivo), sarà per questo che i media di regime di rito renziano (quasi tutti per ora) tendono ad oscurarlo, a silenziare le sue attività, di cui si riferisce al minimo, spesso con incredibili trafiletti, accreditando la vulgata del “fantasma al Quirinale”, dell’icona ieratica di istituzioni spente, secondario e ininfluente.
Dagli effetti spettacolari della comunicazione politica Mattarella non si è mai fatto impressionare, nemmeno quando, segretario regionale della DC, guidò l’epurazione del partito dalla presenza di Ciancimino, legato alla mafia, e mise all’angolo l’onnipotente Salvo Lima che della Sicilia politica era stato un vero e proprio Vicerè. Senza rilasciare molte interviste.
Non ha mai inseguito la “visibilità”, il totem ragione di vita per la maggior parte dei personaggi politici attuali. Ha lavorato intorno a questioni di sostanza, inflessibile quanto silenzioso, perché non è con le parole che si cambiano le cose.
Ha avuto a cuore la vita delle persone in carne e ossa, nel suo discorso di capodanno, i disagi ma anche le eccellenze del nostro Paese, un grande Paese fondatore dell’Europa e che oggi si illumina della presenza e del respiro mondiale del Giubileo. Con la semplicità della verità ha dato cuore e orgoglio a quelle bandiere che si intravedevano nelle inquadrature, senza retorica e con la forza della convinzione, con la credibilità di chi non si nasconde le criticità di una situazione italiana che pure dà segni di cambiamento, ma in cui, ancora, “le discriminazioni aumentano le sofferenze di chi è in difficoltà”. E questo può valere per tutti, per ognuno di noi.
Simbolo dell’Italia “ricca di persone e di esperienze positive” le donne italiane, alle quali ha rivolto “un pensiero di riconoscenza”, e che “devono fare ancora i conti con pregiudizi e arretratezze. Con una parità di diritti enunciata ma non sempre assicurata; a volte persino con soprusi o con violenze.”
E a tutti i bambini “un augurio speciale: hanno portato gioia nelle loro famiglie e recano speranza per il futuro della nostra Italia”.
“Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi”, così la “Gaudium et spes” 50 anni fa chiudeva il Concilio Vaticano II con un segno forte di umanizzazione della Chiesa e del suo ruolo nel mondo che sarebbe arrivato fino ai nostri giorni. E’ lo stesso spirito di nuovo umanesimo, nell’orizzonte della politica, che abbiamo sentito respirare nelle parole che il Presidente Mattarella ha voluto dedicare al Paese, nel suo modo di pensare all’Italia e di lavorare, senza clamori, per tutti gli italiani. Con amore sincero per questa patria-comunità, anche se senza troppi sorrisi.

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