ROMA – Via libera dell’Aula del Senato alla riforma costituzionale, il cosidetto ‘ddl Boschi’. L’ok di Palazzo Madama arriva con 179 sì, 16 voti contrari e 7 astenuti. Soddisfatto il premier, Mattero Renzi: “Grazie a chi continua ad inseguire il sogno di un’Italia più semplice e più forte: Le riforme servono a questo #lavoltabuona”, commenta su twitter.
Approvata, dunque, la riforma, nel testo che presumibilmente sarà quello definitivo e che sarà sottoposto ai cittadini nel referendum dell’ottobre 2016. “L’Italia – aveva detto il premier Matteo Renzi in mattinata – puo’ essere meglio della Germania: basta col piagnisteo.Noi facciamo le riforme, con un grande abbraccio ai gufi e ai loro derivati”. “Oggi al Senato approviamo le riforme costituzionali – ha scritto Renzi su Facebook – in terza lettura. Si può essere o meno d’accordo su ciò che siamo facendo, ma lo stiamo facendo: la lunga stagione della politica inconcludente è terminata. Le riforme si fanno, l’Italia cambia”.
Opposizioni in trincea: la Lega ha lasciato l’Aula con la Costituzione in mano dopo la dichiarazione di voto. Tutti i senatori M5S sono usciti lasciando i banchi i banchi deserti non appena l’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha cominciato a parlare nell’Aula di Palazzo Madama. All’attacco anche Forza Italia: “Anche noi come altri partiti dell’opposizione non parteciperemo al voto finale”, afferma Paolo Romani presidente di Forza Italia in Aula al Senato.
La maggioranza dei senatori di Forza Italia, prima in piedi nell’emiciclo dell’Aula, ha deciso di uscire fuori. Tra loro il capogruppo Paolo Romani e i senatori Bernini, Gasparri, Rossi. In Aula sono rimasti seduti i senatori azzurri che hanno deciso di votare a favore del ddl Boschi.
Appena l’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano prende la parola per difendere il ddl Boschi, il senatore di Fi Scilipoti comincia a sventolare camminando per tutto l’Emiciclo un foglio bianco con la scritta ‘2011’, anno della caduta del governo Berlusconi. I commessi cercano di raggiungerlo per strappargli il foglietto, ma per diversi minuti Scilipoti continua imperterrito nella sua protesta, tanto che il presidente Grasso fa mettere a verbale che lo “censura”.
Il testo ora passa alla Camera per la quarta lettura. La senatrice Josefa Idem (Pd) aveva votato per errore contro il ddl, ma poi ha preso parola chiarendo che il suo voto era a favore.
Addio al ping pong delle legge fra Camera e Senato; una seconda Camera delle Regioni con solo 100 senatori, senza indennità; ritorno allo Stato di alcuni poteri su energia e turismo; abolizione del Cnel.
Ecco i punti principali della riforma:
CAMERA – Solo i deputati voteranno la fiducia ed esamineranno tutte le leggi.
SENATO – Continuerà a chiamarsi Senato della Repubblica, ma sarà composto da 100 persone. In 95 saranno eletti dai Consigli Regionali (21 sindaci e
74 consiglieri-senatori), più cinque nominati dal Capo dello Stato che resteranno in carica per 7 anni. Avrà competenza legislativa piena solo su riforme costituzionali e leggi che riguarderanno gli enti locali. Le Regioni indicheranno i componenti del Senato sulla base delle indicazioni degli elettori.
IMMUNITÀ: I nuovi senatori godranno delle stesse tutele dei deputati. Non potranno essere arrestati o sottoposti a intercettazione senza l’autorizzazione del Senato.
REGIONI – Sono riportate in capo allo Stato alcune competenze come energia, infrastrutture strategiche e sistema nazionale di protezione civile.
VOTO IN DATA CERTA – i regolamenti parlamentari dovranno indicare un tempo certo per il voto dei ddl del governo; vengono introdotti altri limiti al governo sui decreti legge.
CAPO DELLO STATO – Lo eleggeranno i 630 deputati e i 100 senatori. Per i primi tre scrutini occorrono i due terzi dei componenti,
poi dal quarto si scende ai tre quinti; dal settimo scrutinio sarà sufficiente la maggioranza dei tre quinti dei votanti (oggi il quorum è più basso, maggioranza assoluta degli aventi diritto dalla quarta votazione in poi).
CORTE COSTITUZIONALE – Cinque dei 15 giudici Costituzionali saranno eletti dal Parlamento: 3 dalla Camera e 2 dal Senato.
REFERENDUM – Introdotto un quorum minore per i referendum sui quali sono state raccolte 800.000 firme anzichè 500.000: per renderlo valido dovranno votare la metà degli elettori delle ultime elezioni politiche, anzichè la metà degli iscritti alle
liste elettorali.
DDL DI INIZIATIVA POPOLARE – Salgono da 50.000 a 150.000 le firme necessarie per presentare un ddl di iniziativa popolare. Però i regolamenti della Camera dovranno indicare tempi precisi
di esame, clausola che oggi non esiste.
LEGGE ELETTORALE – Introdotto il ricorso preventivo sulle leggi elettorali alla Corte Costituzionale su richiesta di un
quarto dei componenti della Camera. Tra le norme transitorie c’è anche la possibilità di ricorso preventivo già in questa legislatura, quindi l’Italicum potrebbe finire subito davanti alla Corte Costituzionale.
PROVINCE – Vengono cancellate dalla Costituzione, atto necessario per abrogarle almeno come nome.
CNEL – Abrogato il Consiglio nazionale economia e Lavoro, organo costituzionale secondo la Carta del 1948.