CALTANISSETTA – La Polizia di Stato ha tratto in arresto due pregiudicati palermitani per la rapina alla BCC “G. Toniolo” di Caltanissetta. Le indagini proseguono per individuare gli altri tre complici. Il colpo, messo a segno nell’agosto del 2014, fruttò 23.000 euro. I malviventi sono stati traditi dalle impronte digitali lasciate su un dépliant e sull’auto utilizzata per la fuga, poi abbandonata.
Stamane gli investigatori della Squadra Mobile di Caltanissetta, diretta dal Vice Questore Aggiunto Marzia Giustolisi, coadiuvati dai colleghi della Squadra Mobile di Palermo, hanno tratto in arresto i pluripregiudicati Alfano Pietro di 25 anni e D’amico Vincenzo di 24 anni, colpiti entrambi da un’ordinanza di custodia cautelare con sottoposizione agli arresti domiciliari, con l’applicazione del braccialetto elettronico, emessa dal G.I.P. del Tribunale di Caltanissetta Maria Carmela Giannazzo, su richiesta della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Caltanissetta, Roberto Condorelli, con la quale è stata contestata ai due la rapina aggravata commessa lo scorso 29 agosto 2014 all’interno della Banca di Credito Cooperativo “G.Toniolo” di via F. Turati.
Ai due rapinatori è stato anche contestato il furto dell’autovettura utilizzata per la rapina ed il porto illegale in luogo pubblico di armi. La rapina venne compiuta da tre uomini, di cui solo uno travisato. I rapinatori, dopo essersi introdotti in banca, immobilizzarono i due dipendenti che si trovavano alle casse, il direttore che si trovava nella sua stanza, nonché i clienti che si trovavano all’interno; infina con calma, svuotarono le casse, impossessandosi della somma di 23.255 euro.
In quella circostanza i rapinatori dopo aver colpito con un pugno uno dei cassieri, lo immobilizzavano trascinandolo con loro e utilizzandolo come scudo per uscire dalla banca, dove all’esterno erano attesi da altri due complici, a bordo di una Fiat Grande Punto.
Nelle prime fasi delle indagini, gli investigatori appuravano da subito che l’autovettura utilizzata dai rapinatori era stata rubata a Bagheria il 5 agosto 2014, dall’interno di un garage, dopo che ne era stata scardinata la saracinesca.
Nell’immediata prosecuzione delle indagini i poliziotti dell’Antirapina e quelli della Polizia Scientifica analizzarono meticolosamente i filmati estrapolati dalle registrazioni del sistema di videosorveglianza della banca; durante la visione dei quali veniva colto un particolare rivelatosi successivamente determinate sull’esito delle stesse indagini.
In particolare, il primo rapinatore, dopo essere entrato all’interno della banca, comportandosi come un normale cliente, da sopra un bancone prendeva e visionava un dépliant, che poi lasciava cadere per terra per dare inizio alle fasi concitate della rapina.
Il dèpliant immortalato dalle telecamere veniva rinvenuto dalla Polizia Scientifica su una sedia e le successive analisi specifiche consentivano di repertare proprio su di esso alcuni frammenti di impronte papillari latenti, risultate inizialmente utili per confronti dattiloscopici, ma che in una prima fase non trovavano riscontri con la banca dati della Polizia, poiché non risultavano compatibili con altre impronte di soggetti già sottoposti a rilievi dattiloscopici.
Dopo poco meno di un mese dal giorno della suddetta rapina in banca, nel settembre 2014, in via Sallemi n.120, all’interno del grande piazzale antistante la chiesa di San Michele, veniva rinvenuta in stato d’abbandono, l’autovettura Fiat Grande Punto utilizzata dai rapinatori per fuggire dopo la rapina.
Durante il sopralluogo sul predetto veicolo, lo Polizia Scientifica, nell’interno della portiera posteriore sinistra, repertava un frammento di impronta, che veniva inviata per il giudizio di utilità ad eventuali confronti dattiloscopici al Gabinetto Regionale di Polizia Scientifica di Palermo.
L’impronta, repertata all’interno del veicolo, si rileva particolarmente utile per l’individuazione del secondo rapinatore, poiché, data 04.05.2015, personale della Squadra Mobile della Questura di Palermo arrestava il pregiudicato Alfano Pietro, odierno indagato, avendolo trovato in possesso di armi da fuoco che deteneva illegalmente.
In quel frangente il medesimo veniva sottoposto a rilievi dattiloscopici e le sue impronte venivano inserite nella banca dati nazionale delle impronte digitali, dalla quale emergeva che le impronte digitali di Alfano Pietro corrispondevano perfettamente ai frammenti di impronte latenti trovate sul dépliant visionato dal primo rapinatore in occasione della rapina de qua, riscontrando così la piena responsabilità dello stesso nella commissione dell’evento criminoso.
Anche gli accertamenti relativi all’impronta rinvenuta all’interno del veicolo utilizzato per commettere la rapina davano esito positivo, poiché attestavano che il suddetto frammento d’impronta papillare era stato lasciato dal dito medio della mano destra del pregiudicato D’amico Vincenzo, riscontrando così la piena responsabilità del predetto nella commissione della rapina in argomento.
Si rappresenta che dalla visione delle immagini registrate dal sistema di videosorveglianza della suddetta banca, si rilevava che, consumata la rapina, i tre malviventi usciti dalla banca salivano sulla Fiat Grande Punto posizionandosi sui sedili posteriori. Dei tre, quello che occupava il lato sinistro, dove durante il sopralluogo veniva rinvenuta l’impronta lasciata dal D’amico Vincenzo, era il rapinatore che, appena entrato in banca, saltava sul bancone e si faceva consegnare i soldi dai cassieri.
Alcuni testimoni interrogati al riguardo riconoscevano tra le foto segnaletiche quelle dei due arrestati proprio come gli autori della rapina in questione. Altra intensa attività investigativa veniva poi avviata per riscontrare le prove già acquisite con le impronte rilevate dalla Polizia Scientifica e venivano escussi altri soggetti che hanno fornito utili indicazioni per confermare la responsabilità dei rapinatori arrestati.
Le indagini dell’Antirapina nissena proseguono nei confronti di altri tre complici resisi autori della rapina. Gli arrestati Alfano Pietro e D’amico Vincenzo, difesi rispettivamente dai difensori di fiducia avvocato Galliano Aristide e avvocato Molfettini Maximilian, entrambi del Foro di Palermo, dopo le formalità di rito sono stati sottoposti agli arresti domiciliari.